Le dichiarazioni di Christian Abbiati, portiere del Milan, rese in un’intervista al supplemento settimanale della Gazzetta dello Sport in edicola domenica prossima, pubblicate in anteprima sulla Stampa di oggi, sono senz’altro destinate a far clamore ed a suscitare polemiche infinite, nelle prossime settimane; potranno in futuro, ahimè, costituire un handicap per il giocatore ed anche per la sua squadra (il Milan del Presidente Berlusconi), perché si sa, in Italia la libertà di pensiero e di espressione esiste solo a sinistra. Se un calciatore del Livorno saluta “a pugno chiuso” i suoi tifosi , tutto bene, invece, quando Di Canio salutò a palmo aperto i suoi tifosi che inneggiavano per un suo gol successe il finimondo. Se non sbaglio, si beccò anche una squalifica. Vedremo cosa succederà ad Abbiati, al quale auguriamo di avere oltre il coraggio che ha indubbiamente testimoniato di possedere, anche tanto spirito di sopportazione e tanto sangue freddo, da sopportare le future prossime provocazione che sicuramente si troverà ad incontrare sul campo ed anche fuori.
Ma cosa ha detto Abbiati? Qualcosa, molto “fuori dal coro”, soprattutto in questi giorni, in cui anche un certo fini gianfranco, da Bologna, sproloquia di fascismo e di antifascismo, impancandosi a storico e facendosi capofila del “pensiero unico antifascista, pensando di poter ricalcare le orme, di un altro presidente della camera, un certo scalfaro da Novara, il quale, per conclamati meriti antifascisti, in quanto, dopo esser stato nominato giudice dalla Repubblica Sociale Italiana, alla quale probabilmente aveva anche giurato fedeltà, fece condannare a morte un certo numero di fascisti repubblichini tra Vercelli ed Alessandria, assurse alla Presidenza della Repubblica. “Io non ho vergogna a manifestare la mia fede politica. Del fascismo condivido ideali come la Patria e i valori della religione cattolica». In quella che viene preannunciata come una lunga intervista, il portiere del Milan accetta di parlare della sua vita fuori dal campo e spiega che alle ultime elezioni politiche ha votato per «La Destra» dell’ex governatore di Francesco Storace, ed aggiunge: “Del fascismo rifiuto le leggi razziali, l’alleanza con Hitler e l’ingresso in guerra, ma mi piace la capacità che aveva di assicurare l’ordine, garantendo la sicurezza dei cittadini”.
Il guaio per i seguaci del P.U.A.: Pensiero Unico Antifascista, da fini a veltroni e compagnia bella, è che sempre oggi, su un altro autorevole quotidiano di regime (Il Corriere della sera) a pagina 11, in un servizio sulla crisi finanziaria americana e sulle misure adottate dal Presidente Bush, si dicono sul Fascismo (senza nominarlo, per carità, qualche cautela è pur necessaria e poi, anche i giornalisti del Corriere “tengono famiglia”) delle cose ancor più interessanti. Un certo Massimo Mucchetti scrive, tra l’altro, “L’America del 2008 ricorda l’Italia del 1933: la banca centrale, prestatrice di ultima istanza, cerca di salvare le banche, non ci riesce e interviene lo Stato. Il governo italiano di allora dimostrò rispetto per il denaro dei contribuenti. Vedremo adesso la Casa Bianca…. L’IRI fu costituita nel 1933 per salvare la Banca d’Italia che era esposta verso Comit, Credit e Banco di Roma per 8 miliardi di lire, quando l’intera base monetaria superava di poco i 13,5 miliardi…. L’IRI rilevò le azioni delle finanziarie collaterali alle banche dov’erano racchiuse tutte le partecipazioni e si trovò così padrona delle banche e delle imprese. Separò le prime dalle seconde, divorzio poi codificato dalla legge bancaria del 1936. Le banche restarono pubbliche per evitare il panico tra i depositanti ed il ripetersi delle avventure degli anni 20…. Nel 1956, in una lettera all’economista Pasquale Saraceno, il più privato dei banchieri, Enrico Cuccia, osserverà che lo Stato aveva fatto un buon affare. L’IRI infatti rilevò attività stimate 8 miliardi e alle banche riconobbe un credito di 12 miliardi, assistito da garanzia pubblica e pagabile in vent’anni al 4%. Nessuna uscita di cassa immediata, ma l’ammissione di un buco gigantesco: 4 miliardi, pari a un terzo della circolazione monetaria di allora. In realtà, detratto il miliardo guadagnato subito con le privatizzazioni (…Le imprese risanate o risanabili vennero poste in vendita. Furono cedute Edison, Bastogi e altre minori per 3,6 miliardi di lire. Le società telefoniche no, perché gli industriali ai quali erano state offerte chiesero in coro –da Vittorio Valletta ad Alberto Pirelli, da Giovanni Agnelli a Vittorio Cini- una dote che il Presidente dell’Iri, Alberto Beneduce, rifiutò reputandola ingiustificata, in questo confortato da Benito Mussolini e dalla storia successiva della telefonia- ), considerato che il denaro costava il 5 e non il 4% e che, ben presto, la lira sarebbe stata svalutata, il valore del debito si dimezzava e l’Iri, saldata l’ultima rata, poteva dire di essersi messa nelle condizioni di guadagnare 2 miliardi all’atto del salvataggio.” Conclude Massimo Mucchetti: “Andrà altrettanto bene al contribuente americano?”
Certo una bella differenza tra le affermazioni di Abbiati e Mucchetti e quelle di gianfranco fini da bologna, sul “fascismo male assoluto””!
Ma cosa ha detto Abbiati? Qualcosa, molto “fuori dal coro”, soprattutto in questi giorni, in cui anche un certo fini gianfranco, da Bologna, sproloquia di fascismo e di antifascismo, impancandosi a storico e facendosi capofila del “pensiero unico antifascista, pensando di poter ricalcare le orme, di un altro presidente della camera, un certo scalfaro da Novara, il quale, per conclamati meriti antifascisti, in quanto, dopo esser stato nominato giudice dalla Repubblica Sociale Italiana, alla quale probabilmente aveva anche giurato fedeltà, fece condannare a morte un certo numero di fascisti repubblichini tra Vercelli ed Alessandria, assurse alla Presidenza della Repubblica. “Io non ho vergogna a manifestare la mia fede politica. Del fascismo condivido ideali come la Patria e i valori della religione cattolica». In quella che viene preannunciata come una lunga intervista, il portiere del Milan accetta di parlare della sua vita fuori dal campo e spiega che alle ultime elezioni politiche ha votato per «La Destra» dell’ex governatore di Francesco Storace, ed aggiunge: “Del fascismo rifiuto le leggi razziali, l’alleanza con Hitler e l’ingresso in guerra, ma mi piace la capacità che aveva di assicurare l’ordine, garantendo la sicurezza dei cittadini”.
Il guaio per i seguaci del P.U.A.: Pensiero Unico Antifascista, da fini a veltroni e compagnia bella, è che sempre oggi, su un altro autorevole quotidiano di regime (Il Corriere della sera) a pagina 11, in un servizio sulla crisi finanziaria americana e sulle misure adottate dal Presidente Bush, si dicono sul Fascismo (senza nominarlo, per carità, qualche cautela è pur necessaria e poi, anche i giornalisti del Corriere “tengono famiglia”) delle cose ancor più interessanti. Un certo Massimo Mucchetti scrive, tra l’altro, “L’America del 2008 ricorda l’Italia del 1933: la banca centrale, prestatrice di ultima istanza, cerca di salvare le banche, non ci riesce e interviene lo Stato. Il governo italiano di allora dimostrò rispetto per il denaro dei contribuenti. Vedremo adesso la Casa Bianca…. L’IRI fu costituita nel 1933 per salvare la Banca d’Italia che era esposta verso Comit, Credit e Banco di Roma per 8 miliardi di lire, quando l’intera base monetaria superava di poco i 13,5 miliardi…. L’IRI rilevò le azioni delle finanziarie collaterali alle banche dov’erano racchiuse tutte le partecipazioni e si trovò così padrona delle banche e delle imprese. Separò le prime dalle seconde, divorzio poi codificato dalla legge bancaria del 1936. Le banche restarono pubbliche per evitare il panico tra i depositanti ed il ripetersi delle avventure degli anni 20…. Nel 1956, in una lettera all’economista Pasquale Saraceno, il più privato dei banchieri, Enrico Cuccia, osserverà che lo Stato aveva fatto un buon affare. L’IRI infatti rilevò attività stimate 8 miliardi e alle banche riconobbe un credito di 12 miliardi, assistito da garanzia pubblica e pagabile in vent’anni al 4%. Nessuna uscita di cassa immediata, ma l’ammissione di un buco gigantesco: 4 miliardi, pari a un terzo della circolazione monetaria di allora. In realtà, detratto il miliardo guadagnato subito con le privatizzazioni (…Le imprese risanate o risanabili vennero poste in vendita. Furono cedute Edison, Bastogi e altre minori per 3,6 miliardi di lire. Le società telefoniche no, perché gli industriali ai quali erano state offerte chiesero in coro –da Vittorio Valletta ad Alberto Pirelli, da Giovanni Agnelli a Vittorio Cini- una dote che il Presidente dell’Iri, Alberto Beneduce, rifiutò reputandola ingiustificata, in questo confortato da Benito Mussolini e dalla storia successiva della telefonia-
Certo una bella differenza tra le affermazioni di Abbiati e Mucchetti e quelle di gianfranco fini da bologna, sul “fascismo male assoluto””!
Aldo Rovito
1 commento:
Sono milanista e orgogliosamente fascista accolgo con ammirazione le coraggiose parole di Abbiati e Mucchetti, finalmente persone che hanno il coraggio delle loro opinioni, per quel che riguarda Fini non meravigliamoci troppo di ciò che da qualche tempo va dicendo è sempre stato un arrivista e, diciamoci la verità non è mai stato dei nostri,Tu ed io caro Rovito siamo stati in Comitato Centrale del MSI e se non ricordo male eravamo ottimi amici e Camerati e conosciamo bene l'antifascista Fini non meravigiamoci e lasciamolo andare per la sua strada senza rimpianti.
In alto i cuori.
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