MODESTA PROPOSTA PER PREVENIRE POLEMICHE INUTILI E MAGARI PER RISOLVERE – PARZIALMENTE - IL PROBLEMA DELLO SPOPOLAMENTO E DELL’ABBANDONO DEI PICCOLI COMUNI
PREMESSA
Con l’art. 3 del Decreto n. 154/08 (Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali) il Governo, agendo per l’attuazione di una normativa voluta fin dal 1998 dall’allora Governo Prodi e dal Ministro Bassanini, avente lo scopo di “razionalizzare” la rete scolastica, cioè ridurre i costi per la scuola, ha voluto rendere inderogabili le norme, ripetiamo varate fin dal 1998, ed ha imposto alle Regioni, tutte sino ad oggi inadempienti, ad ultimare, di concerto con i Comuni interessati i Piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, in modo che il piano di razionalizzazione della rete scolastica nazionale possa cominciare ad essere attuato per l’inizio dell’anno scolastico 2009/2010.
‘E evidente che l’imposizione di un termine così breve può suonare come un attacco alle competenze delle Regioni ed a tutto il sistema delle Autonomie Locali, se non fosse che l’intervento del Governo si limita a sollecitare un adempimento per il quale Regioni (e i Comuni interessati) avrebbero potuto cominciare a provvedere fin dal 1998, anno in cui fu approvata la norma voluta dal Ministro Bassanini (governo di centrosinistra).
Non serve a nulla, oggi, protestare e strapparsi le vesti, come fa la governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso, o tanti esponenti di sinistra del mondo della scuola, anche sindacali, che in questo giorni guidano la protesta anti-Gelmini, imputandole anche questo attacco alle scuole dei piccoli comuni, dei Comuni montani, delle piccole isole, ecc.
Indubbiamente è strano che un governo di centrodestra, cerchi di mettere in pratica un provvedimento voluto, ma non attuato, né dal Governo di centrosinistra che lo approvò, ne da quelli che si sono succeduti alla guida del paese dal 1998 ad oggi. ‘E strano su questo tema il silenzio della Lega; infatti soprattutto la Lega, ma anche il Pdl, hanno dimenticato gli interessi della gente di Montagna che li ha votati . Per evitare lo spopolamento delle Valli da parte dei giovani e delle famiglie, i piccoli Comuni e le Comunità Montane da anni, con grandi sacrifici ed impegno, mantengono le scuole in loco con la massima economia ed efficienza.
Ancora più paradossale è poi il fatto che i partiti di centrosinistra che quel provvedimento votarono nel 1998, oggi protestino contro l’attuale governo che ne pretende l’attuazione.
PROPOSTA
Premesso quanto sopra e ribadito che comunque le Regioni hanno avuto 10 anni di tempo dal 1998 ad oggi per redigere i Piani di ridimensionamento delle reti scolastiche e che questi 10 anni li hanno sprecati, occorre verificare cosa si può fare in concreto per ribaltare la situazione.
Rileviamo ancora come la chiusura dei plessi scolastici in cui non si raggiungano i 50 alunni, una volta attuata farà risparmiare (quanto?) nel bilancio della P.I., ma scaricherà delle spese sui Comuni e sulle famiglie, ad es. per il trasporto alunni, o per l’ampliamento delle sedi che accoglieranno gli alunni dei plessi chiusi, scaricando sui comuni più deboli spese insostenibili, oltre ad aumentare i disagi delle famiglie e degli scolari.
Occorre inoltre tener presente che i piccoli comuni rappresentano una realtà strategica per il presidio del territorio e la tenuta culturale ed identitaria del Paese e l'imposizione di obiettivi numerici a scala regionale, rischia di creare situazioni di svantaggio rispetto alla piena garanzia del diritto all'istruzione per i cittadini delle aree più marginali, tra le quali molti piccoli Comuni, non solo di montagna, o delle piccole isole, ma anche di tante realtà collinari, o di campagna. Non dimentichiamo la specificità del nostro territorio e la particolare sofferenza di tante aree che i minacciati tagli alle sedi scolastiche contribuiranno ad accentuare, perché la necessità di garantire ai propri figli la possibilità dell'istruzione, senza doverli sottoporre fin da piccolissimi ai sacrifici e ai disagi del pendolarismo, spinge le famiglie ad emigrare laddove il servizio è garantito.
Le scuole dei piccoli Comuni, infatti, non solo rappresentano un servizio essenziale che contribuisce alla permanenza abitativa di famiglie e giovani generazioni, ma sono anche un importante, ed a volte l'unico, presidio educativo e culturale del territorio, in cui svolgono un'opera insostituibile di salvaguardia e sono portatrici di cultura, saperi e tradizioni.
Tutto ciò premesso, noi riteniamo che da parte di tutti gli attori interessati, Regioni, Comuni sedi di plessi scolastici a rischio, Provincie (se vogliono uscire dal grigiore della loro percepita inutilità), istituzioni scolastiche, occorre mettere in campo tutte le risorse di idee e di progetti per rilanciare la funzione dei piccoli Comuni, come sedi di iniziative culturali, ma anche come luoghi in cui, sotto tanti aspetti, la qualità della vita può essere considerata migliore di quella dei grandi centri urbani.
In questo progetto le Regioni hanno un grande potere ed una grande responsabilità, ma anche una grande opportunità: non debbono limitarsi a rivendicare le loro competenze, ma debbono, e possono, agire concretamente. Le Regioni, infatti, sono erogatrici dei fondi per l’edilizia residenziale pubblica attraverso le ATC, e per l’edilizia residenziale agevolata e convenzionata. Ebbene sarebbe sufficiente che le Regioni, destinassero una parte cospicua di tali fondi alla realizzazione di unità alloggiative da assegnare a giovani coppie o a coppie che abbiano figli in età scolare, nei piccoli comuni (non importa se montani o collinari, o di pianura), e chiedessero anche alle Fondazioni Bancarie di indirizzare su tale obiettivo i loro finanziamenti.
I Sindaci di tali Comuni dovrebbero impegnarsi a trovare le risorse per reperire e mettere a disposizione i terreni necessari, a basso costo, non solo, ma anche per assicurare a giovani coppie che volessero fissare la loro residenza nel comune una serie di agevolazioni (anche minime, ma significative, in termini di messaggio promozionale della volontà di accogliere nuovi nuclei familiari, ad es. l’esonero dalle spese per il rilascio della Carta d’identità, l’esonero dal pagamento della Tassa Raccolta Rifiuti per i primi tre anni).
Gli alloggi dovrebbero essere costruiti, secondo ferree norme di risparmio energetico e di rispetto per l’ambiente. La progettazione dovrebbe essere affidata a giovani architetti, all’uopo formati e selezionati dalla Regione. La costruzione, dovrebbe essere affidata, con procedure semplificata a imprese aventi sede in Regione, o, meglio ancora, nella Provincia in cui si realizza l’intervento.
Nell’assegnazione degli alloggi costruiti nei piccoli Comuni individuati nel piano regionale, si assegnerebbe un punteggio maggiore alle coppie giovani e un punteggio ancor più elevato a quelle con figli, anche in relazione all’età di questi ultimi: bambini più piccoli = punteggio più elevato), coppie che abbiano il requisito minimo della residenza in regione da almeno cinque anni e sul territorio nazionale da almeno 10, con ulteriore punteggio preferenziale per chi si sposta dai centri maggiori.
°°°
Riteniamo che si tratti di una proposta molto semplice ed attuabile, con un po’ di buona volontà da parte di tutti; in particolare ci rivolgiamo ai Sindaci dei piccoli Comuni perché la facciano propria e chiedano alle regioni di uscire dalla consuetudine di intervenire solo o principalmente sui grandi centri urbani.
Trieste 23 Ottobre 2008
Andrea Ballauri, consigliere comunale di Varisella (TO)
Massimo Bisio. Vice sindaco di Fresonara (AL)
Angelo Cignatta, Consigliere Comunale di Carrosio (AL)
Aldo Rovito, Consigliere Comunale di Alessandria
PREMESSA
Con l’art. 3 del Decreto n. 154/08 (Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali) il Governo, agendo per l’attuazione di una normativa voluta fin dal 1998 dall’allora Governo Prodi e dal Ministro Bassanini, avente lo scopo di “razionalizzare” la rete scolastica, cioè ridurre i costi per la scuola, ha voluto rendere inderogabili le norme, ripetiamo varate fin dal 1998, ed ha imposto alle Regioni, tutte sino ad oggi inadempienti, ad ultimare, di concerto con i Comuni interessati i Piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, in modo che il piano di razionalizzazione della rete scolastica nazionale possa cominciare ad essere attuato per l’inizio dell’anno scolastico 2009/2010.
‘E evidente che l’imposizione di un termine così breve può suonare come un attacco alle competenze delle Regioni ed a tutto il sistema delle Autonomie Locali, se non fosse che l’intervento del Governo si limita a sollecitare un adempimento per il quale Regioni (e i Comuni interessati) avrebbero potuto cominciare a provvedere fin dal 1998, anno in cui fu approvata la norma voluta dal Ministro Bassanini (governo di centrosinistra).
Non serve a nulla, oggi, protestare e strapparsi le vesti, come fa la governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso, o tanti esponenti di sinistra del mondo della scuola, anche sindacali, che in questo giorni guidano la protesta anti-Gelmini, imputandole anche questo attacco alle scuole dei piccoli comuni, dei Comuni montani, delle piccole isole, ecc.
Indubbiamente è strano che un governo di centrodestra, cerchi di mettere in pratica un provvedimento voluto, ma non attuato, né dal Governo di centrosinistra che lo approvò, ne da quelli che si sono succeduti alla guida del paese dal 1998 ad oggi. ‘E strano su questo tema il silenzio della Lega; infatti soprattutto la Lega, ma anche il Pdl, hanno dimenticato gli interessi della gente di Montagna che li ha votati . Per evitare lo spopolamento delle Valli da parte dei giovani e delle famiglie, i piccoli Comuni e le Comunità Montane da anni, con grandi sacrifici ed impegno, mantengono le scuole in loco con la massima economia ed efficienza.
Ancora più paradossale è poi il fatto che i partiti di centrosinistra che quel provvedimento votarono nel 1998, oggi protestino contro l’attuale governo che ne pretende l’attuazione.
PROPOSTA
Premesso quanto sopra e ribadito che comunque le Regioni hanno avuto 10 anni di tempo dal 1998 ad oggi per redigere i Piani di ridimensionamento delle reti scolastiche e che questi 10 anni li hanno sprecati, occorre verificare cosa si può fare in concreto per ribaltare la situazione.
Rileviamo ancora come la chiusura dei plessi scolastici in cui non si raggiungano i 50 alunni, una volta attuata farà risparmiare (quanto?) nel bilancio della P.I., ma scaricherà delle spese sui Comuni e sulle famiglie, ad es. per il trasporto alunni, o per l’ampliamento delle sedi che accoglieranno gli alunni dei plessi chiusi, scaricando sui comuni più deboli spese insostenibili, oltre ad aumentare i disagi delle famiglie e degli scolari.
Occorre inoltre tener presente che i piccoli comuni rappresentano una realtà strategica per il presidio del territorio e la tenuta culturale ed identitaria del Paese e l'imposizione di obiettivi numerici a scala regionale, rischia di creare situazioni di svantaggio rispetto alla piena garanzia del diritto all'istruzione per i cittadini delle aree più marginali, tra le quali molti piccoli Comuni, non solo di montagna, o delle piccole isole, ma anche di tante realtà collinari, o di campagna. Non dimentichiamo la specificità del nostro territorio e la particolare sofferenza di tante aree che i minacciati tagli alle sedi scolastiche contribuiranno ad accentuare, perché la necessità di garantire ai propri figli la possibilità dell'istruzione, senza doverli sottoporre fin da piccolissimi ai sacrifici e ai disagi del pendolarismo, spinge le famiglie ad emigrare laddove il servizio è garantito.
Le scuole dei piccoli Comuni, infatti, non solo rappresentano un servizio essenziale che contribuisce alla permanenza abitativa di famiglie e giovani generazioni, ma sono anche un importante, ed a volte l'unico, presidio educativo e culturale del territorio, in cui svolgono un'opera insostituibile di salvaguardia e sono portatrici di cultura, saperi e tradizioni.
Tutto ciò premesso, noi riteniamo che da parte di tutti gli attori interessati, Regioni, Comuni sedi di plessi scolastici a rischio, Provincie (se vogliono uscire dal grigiore della loro percepita inutilità), istituzioni scolastiche, occorre mettere in campo tutte le risorse di idee e di progetti per rilanciare la funzione dei piccoli Comuni, come sedi di iniziative culturali, ma anche come luoghi in cui, sotto tanti aspetti, la qualità della vita può essere considerata migliore di quella dei grandi centri urbani.
In questo progetto le Regioni hanno un grande potere ed una grande responsabilità, ma anche una grande opportunità: non debbono limitarsi a rivendicare le loro competenze, ma debbono, e possono, agire concretamente. Le Regioni, infatti, sono erogatrici dei fondi per l’edilizia residenziale pubblica attraverso le ATC, e per l’edilizia residenziale agevolata e convenzionata. Ebbene sarebbe sufficiente che le Regioni, destinassero una parte cospicua di tali fondi alla realizzazione di unità alloggiative da assegnare a giovani coppie o a coppie che abbiano figli in età scolare, nei piccoli comuni (non importa se montani o collinari, o di pianura), e chiedessero anche alle Fondazioni Bancarie di indirizzare su tale obiettivo i loro finanziamenti.
I Sindaci di tali Comuni dovrebbero impegnarsi a trovare le risorse per reperire e mettere a disposizione i terreni necessari, a basso costo, non solo, ma anche per assicurare a giovani coppie che volessero fissare la loro residenza nel comune una serie di agevolazioni (anche minime, ma significative, in termini di messaggio promozionale della volontà di accogliere nuovi nuclei familiari, ad es. l’esonero dalle spese per il rilascio della Carta d’identità, l’esonero dal pagamento della Tassa Raccolta Rifiuti per i primi tre anni).
Gli alloggi dovrebbero essere costruiti, secondo ferree norme di risparmio energetico e di rispetto per l’ambiente. La progettazione dovrebbe essere affidata a giovani architetti, all’uopo formati e selezionati dalla Regione. La costruzione, dovrebbe essere affidata, con procedure semplificata a imprese aventi sede in Regione, o, meglio ancora, nella Provincia in cui si realizza l’intervento.
Nell’assegnazione degli alloggi costruiti nei piccoli Comuni individuati nel piano regionale, si assegnerebbe un punteggio maggiore alle coppie giovani e un punteggio ancor più elevato a quelle con figli, anche in relazione all’età di questi ultimi: bambini più piccoli = punteggio più elevato), coppie che abbiano il requisito minimo della residenza in regione da almeno cinque anni e sul territorio nazionale da almeno 10, con ulteriore punteggio preferenziale per chi si sposta dai centri maggiori.
°°°
Riteniamo che si tratti di una proposta molto semplice ed attuabile, con un po’ di buona volontà da parte di tutti; in particolare ci rivolgiamo ai Sindaci dei piccoli Comuni perché la facciano propria e chiedano alle regioni di uscire dalla consuetudine di intervenire solo o principalmente sui grandi centri urbani.
Trieste 23 Ottobre 2008
Andrea Ballauri, consigliere comunale di Varisella (TO)
Massimo Bisio. Vice sindaco di Fresonara (AL)
Angelo Cignatta, Consigliere Comunale di Carrosio (AL)
Aldo Rovito, Consigliere Comunale di Alessandria