Pubblico l’intervento da me tenuto al Convegno svoltosi il 22 Marzo 2007 presso il Salone dell’ex Taglieria del Pelo in Alessandria in occasione del 60° Anniversario della fondazione del MSI, come contributo alla riflessione di quanti intendano ancor oggi fare politica sulla base di precisi riferimenti storici e culturali.
Ha un senso ricordare oggi il 60° anniversario della fondazione del Movimento Sociale Italiano? Per noi che viviamo immersi nel terzo millennio, che abbiamo voltato le spalle al secolo delle grandi ideologie e delle grandi tragedie, che sembriamo proiettati verso il trionfo delle tecnologie leggere e del pensiero debole, quale significato può avere ricordare la nascita di un movimento politico saldamente ancorato a una delle ideologie che avevano dominato il ‘900?
Per rispondere a queste domande occorrerebbe analizzare a fondo la storia del M.S.I. e degli uomini che lo fondarono e lo diressero sino alla sua estinzione-trasformazione in Alleanza Nazionale, in parallelo con la storia d’Italia.
Senza avere la velleità di riassumere qui quanto la pubblicistica e la memorialistica hanno prodotto in questi ultimi dieci anni (Tarchi, Ignazi, Baldoni, Rao, Accame, Romualdi, Anderson, per citare, non esaustivamente alcuni autori), qualche concetto può essere comunque fissato.
In primo luogo si può dare per assodato che il principale obiettivo di quel manipolo di reduci (qualcuno ancora in clandestinità) che si riunirono a Roma nello studio del rag. Arturo Michelini il 26 Dicembre del 1946, di inserire nella vita politica italiana le centinaia di migliaia di italiani, giovani e meno giovani, che erano accorsi in massa negli ultimi mesi della guerra nelle file della RSI, fu conseguito.
La decisione presa da quel gruppo di uomini provenienti da esperienze culturali sociali e politiche diverse, ebbe come primo risultato quello di indirizzare verso la democrazia intesa dapprima, forse, soltanto come metodo, ma poi, progressivamente, sempre più, come valore in sé, una massa di giovani reduci che altrimenti avrebbero potuto subire la pericolosa fascinazione del ricorso alla lotta armata (anche se magari solo per autodifesa o per spirito di rivalsa).
Erano infatti già nati i FAR (Fasci di Azione Rivoluzionaria) in quel 1946, e a Roma come a Milano avevano già compiuto alcune azioni rilevanti, anche se solo dimostrative, ma non era difficile prevedere che, anche a fronte di una probabile reazione violenta dello schieramento avversario (si noti che peraltro la “Volante Rossa” agì a Milano ancora nel 1947 e nel 1948 con gli omicidi del giornalista De Agazio e del generale Gatti: i “rossi” non avevano certo bisogno di molte provocazioni per scatenarsi!), si sarebbero potuti riaccendere i fuochi non ancora sopiti della guerra civile.
Ma la giovane democrazia italiana non aveva bisogno di ciò!
L’integrazione della “generazione che non si è arresa” (così fu definita quella massa di giovani che, a guerra chiaramente perduta, erano accorsi a combattere sotto i
vessilli della RSI solo “per l’Onore d’Italia” contro quello che era ritenuto il “tradimento dell’8 Settembre”) nella vita democratica del Paese, è stato senza dubbio un risultato di cui va dato merito a quel gruppo di uomini che, convinti che fosse possibile - senza nulla rinnegare e senza nulla voler restaurare - far vivere (o sopravvivere) idee e progetti dell’Italia Fascista nella nuova Italia democratica, avevano fatto nascere il Movimento Sociale Italiano.
Se è scontato attribuire ai Partiti rappresentati nell’Assemblea Costituente, il ruolo di fondatori della Repubblica Italiana, non si puo’ sottovalutare, dal punto di vista appena illustrato, il contributo del Movimento Sociale Italiano quantomeno al rafforzamento e al consolidamento delle Istituzioni Repubblicane.
‘E doveroso però riconoscere anche il contributo importante dato dal M.S.I. alla vita politica italiana, non solo perché i voti di quel partito furono determinanti per la nascita di alcuni governi o per l’elezione di Presidenti della Repubblica o per il governo di molte e importanti città del centro sud, ma anche per il contributo importante dato dal MSI al dibattito politico. Se in Italia si è parlato di repubblica presidenziale, di elezione diretta del premier, di riforma del bicameralismo, e se tali temi sono ancor oggi nell’agenda politica, lo si deve all’azione, al contempo di critica e di proposizione che il MSI fece, soprattutto con Almirante, dal 1970 in poi. Ed è anche questo un doveroso riconoscimento che va fatto agli artefici di quel 26 dicembre del ’46. E bisogna ancora aggiungere la Legge per il voto agli Italiani all’estero, fortemente voluta dal MSI fin dagli anni ’50 e finalmente approvata durante il secondo Governo Berlusconi.
E che dire poi di quel singolare fenomeno per il quale migliaia e migliaia di giovani che, nelle scuole, e non solo, attraverso le organizzazioni giovanili missine (FUAN, Giovane Italia, Raggruppamento Giovanile Studenti e Lavoratori), che fino ai primi anni 60, almeno nelle scuole superiori con la Giovane Italia, erano le uniche presenti, si avvicinarono alla politica alla ricerca di un progetto ideale di società: i dirigenti di allora di queste organizzazioni possono con orgoglio rivendicare come migliaia e migliaia di ragazzi erano chiamati a conoscere e studiare la filosofia di Gentile in contrapposizione a quella di Croce e di Marx, o la poesia di Pound e D’Annunzio, o l’architettura razionalista, in antitesi a quella cultura dominante che veniva percepita come una cultura estranea alla tradizione italiana. Studiavano, eccome quei ragazzi, perché dovevano confrontarsi, oltre che con i loro coetanei, con i professori, imbevuti tutti di cultura crociana o marxista.
Fu neofascista il MSI? Sarebbe ipocrita il negarlo. Anche se è difficile, scavando fra le varie anime che agitarono la vita di quel partito prima della sua estinzione in Alleanza Nazionale, individuare una linea unitaria, è pur vero che ognuno dei vari gruppi che si contesero dal ’46 al ’93 la guida del partito della Fiamma, si rifaceva indubbiamente a principi, a fatti, a figure del Fascismo storico.
Così la cosiddetta “sinistra” si rifaceva alle dottrine del sindacalismo rivoluzionario del giovane Mussolini, come alle fascinazioni della corporazione proprietaria di Ugo Spirito ed alla socializzazione delle imprese varata nel periodo tragico della RSI, mentre la Destra era più propensa a ripetere i richiami ai principi della Tradizione, all’Impero, al Mediterraneo “mare nostrum” sulle cui sponde si era ricreato il mito della missione civilizzatrice di Roma Imperiale, mentre quello che potremo chiamare il Centro era più portato a sottolineare la realizzazione sotto le consolidate istituzioni del regime mussoliniano di infrastrutture moderne, della pace sociale, del ripristino della legalità (le bonifiche, il corporativismo e il prefetto Mori, per intenderci).
‘E comunque sorprendente come ancora oggi, pur non esistendo più il MSI e pur essendosi l’erede principale del MSI, Alleanza Nazionale, dichiarata completamente fuori da quel filone (anche se per questioni affettive per i militanti o di marketing elettorale per i dirigenti, la Fiamma almirantiana viene conservata nel simbolo), non solo, fuori di A.N. esistono partiti e partitini che continuano a dichiararsi eredi del pensiero mussoliniano, non solo nella stessa A.N. molti, tra i suoi quadri intermedi e fra i giovani militanti, se ne sentono ancora i continuatori, ma soprattutto così la stessa A.N. viene percepita dalla massa degli elettori italiani che forse se ne tiene oggi lontana perché troppo sconcertata dalle aperture “liberal” del suo Presidente, mentre nel Novembre del ’93, ancora nel ricordo dello slogan “MSI: fascismo del 2000”, fatto proprio da Fini al congresso di Sorrento di qualche anno prima, avevano votato, senza remora alcuna, a Roma come a Napoli come in tante altre città italiane, liste e candidati sindaci missini con percentuali tra il 40 e il 50 % ed oltre.
Ancora una riflessione, concludendo: in nessuno dei Paesi Europei che conobbero un loro Fascismo, né in Germania, né nella Romania di Codreanu o nella Spagna della Falange o nella Francia di Vichy e degli intellettuali fascisti come Celine, Drieu, Bardèche e Brasillach, ci è stato un così intenso e vasto fiorire di iniziative, di attività e movimenti, di uomini, di intellettuali, di militanti, di case editrici e di giornali, che si sono dichiarati neofascisti come in Italia.
Il Fascismo storico, compreso il periodo della RSI ebbe 26 anni di vita dal 1919 al 1945. Il neofascismo ne ha avuti 60, sempre all’opposizione, per molti anni emarginato e perseguitato, sempre comunque isolato.
Pur senza essere in grado di dare al riguardo alcun giudizio o una spiegazione, non si può non sottolineare l’unicità di questo fenomeno.
Bibliografia (non ragionata, molto personale e parziale):
Giuseppe Bessarione - Lambro-Hobbit. La cultura giovanile di destra, in Italia e in Europa. Roma, 1979
Tarno Kunnas – La tentazione fascista. Napoli, 1982
Adalberto Baldoni – Noi rivoluzionari. La destra e il caso italiano. Roma, 1986
Giuliana De Medici – Le origini del MSI. Dal clandestinismo al primo congresso. Roma. 1986
Adalberto Baldoni e Sandro Provvisionato – La notte più lunga della Repubblica. Roma, 1989
Pino Romualdi - Fascismo Repubblicano. Milano. 1992
Gianni Scipione Rossi - Alternativa e doppiopetto. Il MSI dalla contestazione alla destra nazionale. Roma 1992
Pietro Ignazi – Postfascisti? Bologna, 1994
Marco Tarchi – Esuli in Patria. I fascisti nell’Italia Repubblicana. Parma, 1995
Marco Tarchi - Cinquant’anni di nostalgia. La destra italiana dopo il fascismo. Milano, 1995
Adalberto Baldoni – La Destra in Italia. Roma, 2000
Annalisa Straccioni – A destra della destra. Dentro e fuori l’MSI. Dai FAR a Terza Posizione. Roma, 2000.
Marco De Troia – Fronte della Gioventù. Una militanza difficile. Roma, 2001
Gianni Alemanno – Intervista sulla destra sociale. Venezia, 2002
Massimo Anderson – I percorsi della destra. Napoli, 2003
Luciano Lanna e Filippo Rossi – Fascisti Immaginari. Firenze, 2003
Gianni Scipione Rossi – Il fascismo e gli ebrei. Una storia italiana. Soveria Mannelli, 2003
Angelo Mellone – Dì qualcosa di destra. Da Caterina va in città a Paolo Di Canio. Venezia, 2006
Domenico Di Tullio – Centri sociali di destra. Occupazioni e culture non conformi. Roma, 2006.
Federico Gennaccari – Italia tricolore. Cronologia, personaggi, giornali. Roma, 2006
Nicola Rao – La fiamma e la celtica. Milano, 2006
sabato 5 gennaio 2008
60 anni di lotte
Cresce "la destra" in Piemonte
Riflessioni tra politica e storia
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento