giovedì 21 agosto 2008

AUTUNNO CALDISSIMO…di Roberto Salerno

Quando i salari aumentano periodicamente dell’1,8 % e l’inflazione del 6 % è il disastro, la catastrofe, per milioni di salariati (lavoratori) e famiglie.E non ci sono dubbi che sarà ciò che attende gli italiani alla ripresa autunnale di settembre finite le vacanze e le ferie d’agosto.I rincari di energia e gas (4-6 %) a causa, si dice, delle continue fluttuazioni dei costi delle materie prime, gli aumenti di tutte le tariffe relative a forniture e servizi ai cittadini, diretta conseguenza dei tagli operati dal Governo ai trasferimenti ai comuni sono i prodromi dell’inesorabile impoverimento dei salari di milioni di italiani.Su tutto regna incontrastata la regina dei fattori destabilizzanti: l’inflazione che sta erodendo e impoverendo senza precedenti le famiglie italiane in special modo quelle a basso reddito, i pensionati con pensioni sociali e tutte le fasce sociali deboli.Tralascio, ma va rilevato, ciò che attende i piccoli imprenditori (che danno lavoro a milioni di italiani) che oltre al bilancio personale devono far quadrare anche quello della loro piccola azienda che non si è vista recapitare alcunché da tutte le manovre che questo Governo ha varato né triennalmente né annualmente.Davanti a questa incombente catastrofe, dal Governo, nessun provvedimento di difesa del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, nessun sostegno alle famiglie, nessun incentivo per le Piccole e Medie Aziende.Si parla e si stima (Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa) che la spesa ordinaria (di 1’ necessità) subirà un rincaro medio per famiglia di circa 2 mila euro all’anno con la drammatica risultante di vedere, presto, milioni di italiani diventare (più) poveri e perdere qualità della vita e serenità.Questo, da settembre.E’ una situazione di degrado generale che una forza politica sociale come la Destra deve denunciare e combattere per restituire il diritto ad una qualità della vita degna di tale nome per milioni di famiglie italiane.La scelleratezza con cui questo Governo rimane indifferente a tutto ciò non è accettabile e stupisce l’idea di Tremonti di rilanciare l’economia senza proteggere i redditi medio bassi e senza sostenere la piccola impresa.Quella di cominciare a raccogliere firme per una Iniziativa Popolare di Legge per la difesa del potere d’acquisto dei salari e pensioni è una iniziativa che potrebbe segnare la presenza attiva de la Destra al fianco della “gente”, dei lavoratori e delle famiglie e potrebbe essere utile a recuperare una visibilità politica di cui abbiamo bisogno.Cominciare a settembre proprio da lì, dalla difesa dei lavoratori e pensionati potrebbe essere, quindi, fondamentale.Per quanto riguarda il sottoscritto inizierò a raccogliere firme proprio davanti alla Fiat di Mirafiori, simbolo del lavoro per antonomasia e della fatica dei lavoratori.E dovremmo cominciare a organizzarci tutti.
Roberto SALERNO

domenica 17 agosto 2008

“Alleati non sudditi” di Gianni Alemanno (luglio 1998)

CERTO dal 1998 sono passati 10 anni, ma questo articolo di Gianni Alemanno, a me risulta quanto mai attuale: e voi cosa ne pensate?
“Alleati non sudditi” questo vecchio slogan di politica estera del Fronte della Gioventù può, meglio di tanti discorsi, sintetizzare il nocciolo del problema politico e del dilemma tattico-strategico con cui oggi si deve misurare Alleanza nazionale.
Usciti frastornati, impolverati e malconci dalla deflagrazione della Bicamerale, rimasti perplessi e delusi dal flop del Polo sulla vicenda della Nato, gli uomini del vertice di Alleanza nazionale si stanno interrogando in questi giorni sul destino della destra politica italiana.

Come evidenziato ed anche enfatizzato dai giornali, si stanno delineando “due anime” all’interno di An: da un lato i “polisti” o, per i maligni, i cosiddetti “berluscones” che antepongono a qualsiasi strategia il valore primario dell’unità del Polo.
Tra questi Tatarella che proclama “l’indissolubilità del matrimonio con Forza Italia”, Gasparri che nel momento di massima tensione tra Fini e Berlusconi sulla Bicamerale non ha fatto mistero di dare ragione più al Cavaliere che al nostro Presidente, La Russa che teorizza e tenta di praticare anche l’alleanza con la Lega Nord, Urso che – come documenta l’intervista che pubblichiamo più avanti – si spinge fino al punto di predicare l’urgenza della nascita del “Partito unico” del centrodestra.

Dall’altro lato gli “autonomisti” che invece mettono l’accento sulla “identità” culturale e politica della destra e su tutti gli aspetti problematici del rapporto con Forza Italia, la Lega e il centro cossighiano.

Tra questi, oltre l’immarcescibile Tremaglia, Pubblio Fiori e, infine, noi di Area che siamo stati spesso etichettati (tutto sommato a torto) come “nemici giurati” del Cavaliere.

E’ inutile dire che entrambi gli schieramenti finiscono per assolutizzare due termini che sono in realtà interdipendenti e complementari: identità e alleanze sono i due poli magnetici, le due esigenze imprescindibili nella definizione di ogni strategia politica.

Ma sancire questa verità, così profonda da apparire banale, non risolve il problema delle scelte che abbiamo di fronte.

Cerchiamo quindi di tracciare per punti il “manuale di sopravvivenza” di una destra che non vuole diventare subalterna al neo-centrismo, che non vuole morire né democristiana né berlusconiana.
Oppure, se preferite, abbozziamo il manifesto degli autonomisti di An, sperando che, almeno in parte, diventi il manifesto della riscossa unitaria del nostro partito.

1) La destra democratica non è una propaggine estremista del pensiero liberal-liberista, è una cosa diversa. E’ l’incontro tra correnti di pensiero liberale e correnti di pensiero comunitario (nazionale, popolare, partecipativo, sociale anti-statalista), la sintesi tra metodo democratico e il fondamento dei valori naturali, cattolici e tradizionali. Per cui la differenza tra destra e centro non è, come vorrebbero gli amici dell’Udc, quella tra estremisti e moderati, è quella tra modi diversi, ma egualmente equilibrati, di concepire un programma politico. (…..)
2) In particolare sul terreno delle politiche sociali, l’anima comunitaria della destra ci permette una maggiore capacità di concorrenza con la sinistra e un più sereno equilibrio tra istanze liberiste e istanze popolari, rispetto al partito liberale di massa rappresentato da Forza Italia.
3) Da quanto detto discende che il “Partito unico” non è affatto l’inevitabile destino del centrodestra a prescindere dalle evoluzioni più o meno maggioritarie della legge elettorale. Il partito unico potrà eventualmente nascere (creando comunque problemi di mercato elettorale in tutti quei contesti, come negli enti locali, in cui si vota con un impianto proporzionale) solo se e quando destra e centro avranno imparato a rispettare le loro diverse identità culturali. Paradossalmente il partito unico non nasce dalla omologazione culturale, ma dalla possibilità di costruire un partito di programma fondato sul rispetto e la dialettica tra anime culturali diversissime. (….)
4) Altra condizione per immaginare il “Partito unico” come moderno partito di programma è l’esigenza di regole rigorose di democrazia interna, unica garanzia per la convivenza di anime diverse in uno stesso contenitore organizzativo. Su questo piano il ritardo dei partiti di centrodestra è pauroso (….) Unire questi due partiti (FI e AN) non significa risolvere le rispettive carenze democratiche ed organizzative ma moltiplicarle per mille, rischiando la paralisi oligarchica, l’invivibilità dei rapporti umani e l’annullamento di qualsiasi spessore culturale e incidenza nel dibattito politico interno oggi parzialmente tenuto in vita dalla molteplicità delle sigle di partito.
5) Chi oggi propaganda la creazione del partito unico come una soluzione a portata di mano non è un coraggioso innovatore, né un antesignano di splendidi orizzonti di modernizzazione. E’, come minimo, un teoreta che disegna scenari politologici astratti senza curarsi dell’impatto pratico dei suoi ragionamenti. (….)
6) Più in generale va messa in discussione anche la teoria di coloro che, pur non ipotizzando l’immediata creazione del partito unico, immaginano il rapporto tra An e Forza Italia come strutturale, organico e irreversibile. Concepita in questi termini l’alleanza del centrodestra fa diventare An la “ruota di scorta” di Forza Italia, una sorta di corrente di destra del partito del Cavaliere. Come è difficile tentare un processo di fusione in assenza di precise regole democratiche interne, è egualmente arduo costruire un rigido coordinamento politico del Polo avendo a che fare con un “monarca” imprevedibile ed estemporaneo come Berlusconi. L’unico rapporto solido e stabile che è possibile costruire con il Cavaliere è quello della subordinazione assoluta, del totale appiattimento su i suoi continui rovesciamenti di fronte, atteggiamenti che però diventano una posta inaccettabile per una destra consapevole del suo ruolo, dei suoi valori e dei suoi programmi.
7) L’alternativa a tutto questo non è l’isolamento o l’emarginazione in un semplice accordo di desistenza elettorale (come avviene a sinistra tra Ulivo e Rifondazione), l’alternativa è quella di costruire l’alleanza non sulla subordinazione ma sui rapporti di forza. Alleanza nazionale deve fondare la sua legittimazione politica non sulla benevolenza degli alleati ma sul consenso popolare: una destra politica in grado di raccogliere il 15 % del consenso elettorale non è ghettizzabile da nessun centro politico comunque strutturato.
8) Non a caso sono ormai due anni (dalla sconfitta elettorale del ’96) che è partita una subdola campagna per ridimensionare il peso elettorale di An. Una campagna fondata sia sugli attacchi diretti che sull’abbraccio mortale dei consigli malintenzionati. Prima hanno tentato di snaturarci culturalmente, lanciando dalle colonne dei giornali la trasformazione di An in un partito “thatcheriano”, poi è stata demonizzata in tutti i modi l’anima popolare del partito, che ne costituisce la vera forza e la principale originalità, infine si è cercato di convincere Fini ad adeguarsi ai modelli anglosassoni di mediazione e moderatismo che hanno quasi ucciso il suo carisma da leader. Ma in ogni caso è difficile immaginare il successo elettorale di An se il nostro partito si limita ad essere la fotocopia sbiadita e recalcitrante del maggiore partito del centrodestra. (….)
9) Fondare un’alleanza sui rapporti di forza, significa rischiare la crisi in tutti i momenti di grande svolta politica, ma è un rischio che non solo deve essere affrontato ma che comunque è di entità molto minore di quello che temono i “polisti” di An. (….) Se la gestione dei rapporti di forza crea dei pericoli per l’alleanza, la mediazione continua e la subordinazione non danno affatto garanzie superiori facendo pagare un prezzo altissimo all’immagine e alla forza elettorale della destra.
10) L’importante è che i rapporti di forza ed anche gli scontri con gli alleati abbiano come posta in palio grandi prospettive politiche, valori seri, problemi sociali realmente sentiti dalla gente non strategie di “palazzo” come è accaduto nel caso dello scontro tra Berlusconi e il presunto asse D’Alema-Fini sul destino della bicamerale. L’autonomia da Berlusconi si guadagna passando attraverso la gente e non attraverso il palazzo.
11) (….) In questi due anni sono troppe le occasioni in cui abbiamo fatto sconti alla traballante maggioranza di centrosinistra, di questo la gente se ne rende conto in termini anche esasperati, abbandonando la speranza di una vera dialettica politica e tornando a rassegnarsi alle mediazioni di tipo para-democristiano. E’ una vecchia regola mai smentita: il conflitto politico rafforza la destra, la mediazione dà spazio al centro.
12) Questa rotta strategica richiede la creazione di un modello di partito veramente aggregante e rivoluzionario rispetto a tutte le logiche di controllo paternalistico dell’orticello elettorale e dell’apparato organizzativo. Certe volte abbiamo una bruttissima sensazione (senz’altro falsa): proprio coloro che teorizzano l’appiattimento di An su Forza Italia sono le stesse persone che sembrano voler contrastare ogni progetto di apertura verso la società civile e di aggregazione di nuove energie. Come se ci si fosse rassegnati ad un ruolo di “riserva indiana” impossibilitata a competere elettoralmente per l’egemonia dentro il Polo. (….) La completa legittimazione della destra democratica avverrà quando sarà plasticamente testimoniata da una prassi interna rigorosamente fondata su principi di partecipazione popolare e di libera circolazione delle élite.
13) Il nostro discorso termina da dove è partito: Alleanza nazionale è l’incontro tra principi democratici e valori comunitari, è un progetto di profonda modernizzazione fondato sull’identità tradizionale del nostro popolo. Se si riesce veramente ad essere tutto questo, il nostro partito non solo non deve rimanere subalterno a nessun’altra forza politica, ma può aspirare ad uno spazio elettorale ben superiore al 20% dei voti. Nella vicina Francia la destra politica, sommando i voti raccolti dal Front National di Le Pen e dall’RpR di Chirac, supera tranquillamente il 30% dei consensi; mentre in Italia ricorre l’immagine, lanciata da Marcello Veneziani, del “nano sulle spalle del gigante” dove il gigante è la forza della destra nel Paese reale, il nano l’organizzazione politica di questa destra. Abbiamo spazi immensi da conquistare, se riusciamo semplicemente ad essere noi stessi, senza camuffamenti liberaloidi, senza mediazioni per il gusto di mediare, soprattutto senza fare la figura dei servi sciocchi del neo-centrismo. “Alleati, non sudditi” non è un sogno, è un progetto alla nostra portata. Basta mantenere un po’ di quel coraggio politico e di quella coerenza ideale che ci hanno permesso di non essere travolti negli anni bui della prima Repubblica.


Gianni Alemanno
(Luglio 1998)

mercoledì 13 agosto 2008

CRIMINALCAPITALISMO

Una rapina sotto casa impressiona chiunque. Ma dobbiamo sapere che si muore di più sul lavoro o sulle strade che non a causa della criminalità o di episodi violenti. I morti sul lavoro, infatti, sono quasi il doppio degli assassinati e i decessi sulle strade otto volte più degli omicidi.La notizia ce l’ha data nei giorni scorsi il Censis, secondo il quale, tuttavia, ”gran parte dell’attenzione pubblica si concentra sulla dimensione della sicurezza rispetto ai fenomeni di criminalità”. Nel 2007, sono stati 1.170 i decessi per motivi di lavoro in Italia, di cui 609 per infortuni ’stradali’, ovvero lungo il tragitto casa-lavoro (’in itinere’) o in strada durante l’esercizio dell’attività lavorativa. L’Italia, avverte il Censis, è di gran lunga il Paese europeo dove si muore di più sul lavoro. Se si escludono gli infortuni in itinere o comunque avvenuti in strada, non rilevati in modo omogeneo da tutti i Paesi europei, si contano 918 casi in Italia, 678 in Germania, 662 in Spagna, 593 in Francia (in questo caso il confronto è riferito al 2005).I numeri crescono ancora se si considerano le vittime degli incidenti stradali. Nel 2006, in Italia, i decessi sulle strade sono stati 5.669, più che in Paesi anche più popolosi del nostro: Regno Unito (3.297), Francia (4.709) e Germania (5.091). Gli altri Paesi hanno fatto meglio di noi negli interventi tesi a ridurre i decessi sulle strade. Nel 1995 la Germania era ‘maglia nera’ in Europa, con 9.454 morti in incidenti stradali, ridotti a 7.503 già nel 2000, per poi diminuire ancora ai livelli attuali. In Francia, si è passati dagli 8.892 morti sulle strade nel 1995 agli 8.079 nel 2000, per poi registrare un ulteriore calo.La riduzione in Italia c’è stata (i morti erano 7.020 nel 1995, 6.649 nel 2000, fino agli attuali 5.669), ma non in maniera così rapida, sottolinea il Censis, tanto da diventare il Paese europeo in cui è più rischioso spostarsi sulle strade. Mentre se si guarda agli omicidi, in Italia continuano a diminuire. In base ai dati delle fonti ufficiali disponibili elaborati dal Censis, sono passati da 1.042 casi nel 1995 a 818 nel 2000, fino a 663 nel 2006 (-36,4% in 11 anni). Sono molti di più negli altri grandi Paesi europei, dove pure si registra una tendenza alla riduzione: 879 casi in Francia (erano 1.336 nel 1995 e 1.051 nel 2000), 727 in Germania (erano 1.373 nel 1995 e 960 nel 2000), 901 casi nel Regno Unito (erano 909 nel 1995 e 1.002 nel 2000).Anche rispetto alle grandi capitali europee, nelle città italiane si registra un numero minore di omicidi.Nel 2006 a Roma si sono contati 30 casi, quasi come Parigi (29 omicidi, ma erano 102 nel 1995), 33 a Bruxelles, 35 ad Atene, 46 a Madrid, 50 a Berlino, 169 a Londra, che aveva toccato la punta massima (212 omicidi) nel 2003.
Quale conclusione trarre da queste cifre? Se non quella che il sistema capitalistico italiano ancor più arretrato di quelli degli altri paesi europei è anche il più criminogeno? Infatti nessuna sicurezza sul posto di lavoro (la sicurezza è un costo e bisogna tagliare i costi! Montezemolo docet!), nessuna sicurezza sulle strade (la manutenzione e l’accurata costruzione di strade, autostrade, ecc. sono un costo ed occorre tagliare i costi! Tremonti docet!). In cambio scateniamo i Sindaci con le loro ordinanze creative (!) contro prostitute, barboni e morti di fame vari e balocchiamoci con i “soldatini”! Tanto se muoiono degli operai, chi se ne frega, l’importante è tener ferma l’attenzione dei cittadini sulla sicurezza, in modo che non si distraggano e non si permettano di pensare ad esempio alla “sicurezza sul lavoro”. In fondo lo dicon tutti che crediamo di non essere sicuri, perché i giornali parlano di determinati avvenimenti, per cui se i giornali dedicassero un po’ di spazio alle notizie sui morti sul lavoro (tre al giorno l’anno scorso!) forse tutti ci renderemmo conto anche della gravità del fenomeno, ma poiché i proprietari dei giornali sono espressione dello sistema di potere che per risparmiare a tutti i costi, risparmia proprio sulla sicurezza, ecco perché l’Italia è il Paese meno sicuro del mondo.Come definire questo sistema capitalistico, se non “criminale”, visto che fa più morti della mafia, della camorra e della ‘ndrangheta messe assieme?

“Non rinuncio al simbolo”

Pubblico questo articolo tratto da "Taranto sera", per dimostrare che di donne che hanno grinta e passione (quella vera!) ce ne sono tante nelLA DESTRA e sono veramente brave.
TARANTO - “Nel partito del Popolo della Libertà noi non entreremo. Perchè saremmo incoerenti con quanto deciso in occasione delle elezioni politiche, e perchè tradiremmo la nostra vocazione, quella di essere la destra del centrodestra. Se anche noi confluissimo nel nuovo partito, chi rappresenterebbe quest’area politica?”. Graziana Bruno, la pasionaria e portavoce provinciale de La Destra, traccia il futuro del movimento di Francesco Storace. “Un futuro che passa dalla fase congressuale” spiega la Bruno. “Siamo in attesa di convocare quelli comunali e provinciali, presumibilmente a settembre. A novembre, invece, è già convocato quello nazionale”. Ma (quasi) alle porte c’è pure la prossima tornata elettorale, quella che a Taranto coinciderà con le Provinciali. Le grandi manovre sono già in corso, a sinistra come a destra. “Un apparentamento è possibile con il Pdl, ma a patto che ci lascino conservare il nostro simbolo. Del resto, se lo fanno Bossi e Lombardo, perchè noi no? Altrimenti andremo da soli. Specie qui a Taranto, poi, i nostri voti possono essere molto utili. Perchè alle politiche abbiamo raccolto oltre 7.000 voti, con un partito appena nato. E che oggi è cresciuto, raccogliendo adesioni e consensi” Giovanni Di Meo

martedì 12 agosto 2008

Nasce dagli anni '80 l'inciucio tra Berlusconi e Veltroni?

Michele de Lucia. IL BARATTO Ed. KAOS

Vi segnalo un libro molto interessante che potrebbe svelare i retroscena dell'attuale inciucio PD-PDL. Un inciucio che nasce fra il 1984 ed il 1986.Fin dal 1990 anno in cui scoppiò "Mani Pulite" si iniziò a vociare senza successo di finanziamenti arrivati la PCI dall'URSS.Fù sopratutto Silvio Berlusconi dopo essere diventato nel 1994 Presidente nel Consiglio a calcare la mano su questa storia ed ora grazie a questo libro sappiamo perchè faceva certe affermazioni.Perchè sapeva! Perchè anche lui finanziava il PCI in cambio di voti favorevoli in parlamanto ai decreti Craxi pro-Madiaset.Pare facesse pure da tramite fra il PCI e il Cremlino: chissà che la sua amicizia con Putin non abbia origine prorio in quegli anni.Ora mi si spiega non solo l'attenggiamento masochistico di una certa sinistra ma anche il buon rapporto Berlusconi -Putin.Perchè quel rapporto è anomalo: un liberista o sedicente tale che dialoga con un post- comunista nemmeno tanto post non è normale, specialmente se non fà lo stesso con i post- comunisti di casa sua.C'è un filo conduttore che nasce Berlusconi -Craxi e il PCI: Mediaset. Berlusconi lì sfrutta entarmbi a suo piacimento ma poi li scarica. L'amicizia (finta) con Craxi viene buttata via quando questì è coinvolto in Mani Pulite e fugge ad Hammamet mentre i Comunisti vengono denigrati a partire dal 1994 quando si ritrovano a fare opposizione parlamentare al Cav.E' quì si spiega la paura che ha Berlusconi dei Comunisti, quelli veri che nel 1988 vanno per conto proprio dissentendo da Occhetto e il nascente PDS progenitore dei DS poi PD. Non è una paura politica ma di quanto essi sanno. E per ora non dicono.

La Bandiera del Tibet sventola su Palazzo Rosso

La mattina dell’8 Agosto 2008, alle ore 11,30 la Bandiera del TIBET è stata esposta sul Palazzo del Comune di Alessandria, dopo la richiesta in tal senso effettuata dal Consigliere Comunale e Portavoce Provinciale del partito di Francesco Storace LA DESTRA, Avv. Aldo Rovito. In precedenza il Vice Sindaco di Alessandria, dott. Paolo Bonadeo, alla presenza anche del parlamentare alessandrino on. Franco Stradella, e di molti consiglieri comunali, aveva ricevuto in Sala Giunta una delegazione di Profughi Tibetani, ai quali aveva rinnovato la solidarietà del popolo alessandrino verso il popolo Tibetano.
“Ringrazio il Sindaco Pier Carlo Fabbio” ha detto l’avv. Rovito, “per la grande sensibilità democratica dimostrata accogliendo con grande disponibilità la mia richiesta. Anche ad Alessandria, per iniziativa de LA DESTRA, il giorno di apertura delle OLIMPIADI di Pechino ha conosciuto un momento di riflessione sui diritti umani violati in Tibet e in tutta la Cina. La solidarietà espressa dalle Istituzioni Alessandrine al Popolo Tibetano è solidarietà anche nei confronti del Popolo Cinese, altrettanto oppresso e privato dei più elementari Diritti Umani.”

Questo il testo della lettera che avevo inviato al Sindaco, con le motivazioni della richiesta:


Ill.mo Signor Sindaco di Alessandria
e p.c. Ill.mo Sig. Presidente del Consiglio Comunale

Ill.mo Signor Sindaco,
il giorno 8/8/08 il Comitato Olimpionico Internazionale darà inizio alle Olimpiadi in Cina. Le Olimpiadi dovrebbero rappresentare la massima espressione dell’uguaglianza e della fratellanza fra le diverse culture del mondo incise anche nel simbolo dello stesso evento raffigurato nei cinque cerchi incrocianti a significato dell’unione fra i continenti.
Non ignorerà certamente le proteste che in tutto il mondo hanno accompagnato la marcia di avvicinamento dei tedofori a Pechino e quelle che si stanno preparando in concomitanza con l’apertura dei Giochi.
’E altresì notorio come in Cina perdurino gravi forme di repressione contro il popolo Tibetano, invaso dalla Repubblica popolare cinese nel 1950, mentre gravi forme di violazione dei diritti umani siano praticate in tutto il territorio della Repubblica popolare Cinese non solo contro le minoranze etniche e religiose, ma nei confronti della totalità del popolo cinese che, a fronte di una sorta di liberalcapitalismo sfrenato in economia, deve subire l’assenza completa di tutela dei più elementari diritti dei lavoratori, in tema di orario di lavoro, sicurezza, tutela del lavoro dei minori e delle donne, unita ad una completa impossibilità dell’esercizio dei più elementari diritti di libera espressione del pensiero, a fronte di una repressione generalizzata e violenta, che non si arresta di fronte alla sempre più praticata applicazione della pena di morte.
Il nostro Consiglio Comunale ha deciso di conferire la Cittadinanza Onoraria della Città al Dalai Lama, massima espressione religiosa del Tibet, Premio Nobel per la Pace, costretto all’esilio.
Per tutto quanto sopra, Signor Sindaco, Le presento questa formale richiesta, affinché voglia disporre che, in concomitanza con l’apertura ufficiale dei Giochi Olimpici in Pechino alle ore 15 del prossimo 8 Agosto, sia innalzata sul Palazzo Comunale la Bandiera del Tibet.
Sicuro che vorrà in tal modo interpretare l’ansia di pace e di libertà dei nostri concittadini, confido nell’accoglimento della proposta.
Ringraziando per l’attenzione, invio cordiali saluti.
Alessandria 6 Agosto 2008
Il Consigliere Comunale Aldo Rovito

domenica 3 agosto 2008

"POCA DESTRA" nel Governo Berlusconi!

Allo scopo di dimostrare quanto poca “Destra” e cioè quanto poca Serietà, Concretezza, Efficienza, c’è nel Governo Berlusconi, riporto il seguente contributo di Giuseppe Rondelli tratto da Napoli blogolandia:
"A Napoli i rifiuti si vedono addirittura dal satellite" sull'eterno problema della monnezza napoletana:L'immortale monnezza napoletana. Sempre li sta. Nonostante i proclami del baro di Arcore.
"Forse ormai quasi vi da noia parlare sempre dello stesso argomento, ma visto che noi vogliamo bene alla nostra città non possiamo né tacere, né tanto meno chiudere gli occhi e nemmeno chiudere i SATELLITI.
Cosa è successo? Niente di nuovo, sempre la stessa storia. Visto che l’emergenza non è finita ma è INFINITA oggi vi mostriamo la situazione di Fuorigrotta, a Via Cassiodoro, la strada che congiunge Viale Traiano, con Via Terracina e Via Consalvo, in piena pienissima città.
Da sempre ed ancora tutt’oggi ci sono cumuli di rifiuti, gomme, frigoriferi, cucine, mobili, sacchetti, metalli vari, di tutto un po', si parte da sotto il ponte della tangenziale fino ad arrivare allo spiazzo dove c’è la rotonda eccovi il video in Full HD!”

Per visionare il video cliccare sul titolo, oppure collegarsi a: http://oltreconfine.blogspot.com