martedì 23 dicembre 2008

INTERCETTAZIONI: NO A LEGGE CHE LE VIETI

UN APPUNTO PER IL MINISTRO ALFANO.
Proprio mentre prendono corpo le varie inchieste sulla corruzione negli enti locali e nella pubblica amministrazione, che vedono coinvolti assessori, consiglieri, parlamentari e funzionari pubblici, ipotizzare di fare una legge che vieti le intercettazioni sarebbe fatto grave, che danneggerebbe la credibilità delle istituzioni e la sicurezza del cittadino.
Gran parte delle attuali inchieste, ad esempio quella sui furbetti del quartierino, che si arricchivano impoverendo i piccoli risparmiatori e quella sull’ospedale di Milano, che fabbricava malati per attingere risorse dal sistema sanitario nazionale, traggono origine proprio dalle intercettazioni telefoniche e quando in queste non si ravvisano estremi di reato, comunque evidenziano un comportamento immorale da parte di uomini pubblici, che non dovrebbero mai disgiungere il loro operato dai principi etici.
Cosa diversa è condannare con severità chi fa un uso improprio delle intercettazioni e chi diffonde quelle parti che non attengono a fatti sotto inchiesta e punire coloro che non mantengono il segreto istruttorio, diffondendo le intercettazioni per fare del male alle persone e per inquinare la vita democratica.Ad oggi, però non si ha notizia di inchieste andate a buon fine, né su chi diffonde ciò che dovrebbe rimanere coperto dal segreto istruttorio, né su chi rivela le notizie. Ovviamente, questa parte non può coinvolgere i giornalisti, i quali, invece, hanno il dovere di diffondere le notizie di cui entrano in possesso, anche perché con il mantenerle segrete, come è avvenuto in passato, si rischia che vengano utilizzate per ricatti o per ottenere favori.
Bisogna mobilitarsi con forza, per richiamare l’opinione pubblica affinché si impedisca alla Casta, quella trasversale a tutti gli schieramenti, di approfittare dell’uso improprio di alcune intercettazioni, le meno importanti ai fini delle inchieste, per approvare una legge che metterebbe il bavaglio alla giustizia e rappresenterebbe la garanzia che il ceto politico possa fare impunemente tutto e il contrario di tutto.

sabato 20 dicembre 2008

Questione morale e politici del malaffare

Non ho nessuna paura di perdere voti... per i disonesti non c´è posto nel Pd... verremmo meno alle nostre responsabilità se ci comportassimo in maniera diversa" dichiara Veltroni aprendo la direzione nazionale del Partito.
Sono questi momenti, quelli in cui sembra che si sia raggiunto un fondo che sembra non raggiungersi mai, che le pulsioni più recondite del "popolo", la demagogia becera, e il populismo da bar, prendono forma, s´incarnano e si giustificano.
"Destra o sinistra sono tutti uguali" si sente al bar e tra le panchine del parco. Sembra non essersi ancora liberati da quella patina di disprezzo da I Repubblica, che, anzi, sembra essere aumentata, nella misura in cui può aumentare l´astio verso chi ci assicurava un cambiamento in meglio della situazione. E allora "sono senza vergogna". Frase di un populismo disprezzato dalla sinistra e usato a proprio uso e consumo dalla destra.
«Non ho mai creduto al primato morale della sinistra, oggi c´è addirittura una situazione di tracollo morale» dice Gasparri a chi lo intervista sui fatti di Napoli. Si grida contro il tracollo morale, contro la presunta superiorità morale della sinistra, a cui credevano solo i politicanti di sinistra e quelli di destra che la usavano per puntare il dito a ogni minimo scandaluccio da due soldi. A ricordarcelo è Berlusconi: "Certamente la sinistra italiana sbagliava quando pretendeva di avere l´esclusiva dell´etica. Non ce l´ha e non l´ha mai avuta". Grazie!
Ma forse il nome di Bocchino, quello di Nonno (consigliere comunale in quota AN), piuttosto che il capolavoro acrobatico di Laboccetta, associati agli appalti napoletani non dicono nulla.
"La questione morale esiste, ma la crisi della politica è spesso legata agli errori della politica. Non dobbiamo ripercorrere le strade del passato, dobbiamo evitare gli sbagli già fatti". Errori già fatti? Evitare? Ma dove erano Casini, Berlusconi e Gasparri quando solidarizzavano col Cuffaro condannato a 5 anni, ma contento, lui e tutti i suoi sodali, perché non ha aiutato il sistema, ma solo singoli mafiosi. "Non mi dimetto" diceva Cuffaro tra un´attestato di solidarietà e l´altro.
Ma sarebbe troppo facile parlare di Cuffaro e della destra italiana. Non è ammissibile una giustificazione a sinistra ("si ma la destra però..."), un ridimensionamento della gravità dei fatti. Quello che appare evidente è che questa sembra l´unica cosa bipartisan a cui poter aspirare.
La demagogia diventata norma. Il luogo comune che si svela, che da brutto anatroccolo si trasforma in cigno. "Non bisogna mettere tutto in un calderone", "fare di tutt´erba un fascio", parole al vento, che svaniscono un attimo dopo che sono state dette, sotterrate dall´ennesimo scandalo che colpisce la persona moralmente più alta, quella che "ci metterei la mano sul fuoco"
Quindi ci chiediamo perché Veltroni chiedeva a destra le dimissioni di Bassolino, mentre sussurrava a sinistra che gli avrebbe dato un seggio alle prossime europee? Veramente bisogna credere al fatto che lo voglia mandare il più lontano possibile? O forse non è più semplice credere che cacciare Bassolino vorrebbe dire perdere una quantità di voti di cui, oggi, il PD non può privarsi?
"Non mi dimetto!" si sente echeggiare ovunque, al nord al sud, in un filo che lega Palermo a Genova, Napoli a Trento, Roma a Milano.
Non si dimette la Jervolino, che ha raggiunto il record di dichiarazioni uguali nell´arco di due anni. Un mantra che ripete dal 2006, anno della rielezione, nonostante lo sdandalo rifiuti, nonostante l´allarme sicurezza in città (allarme ridimensionato a qualche piccolo problema), all´allarme camorra, fino ad oggi e a mezzi politici campani arrestati.

Parlavamo di capolavoro acrobatico di Laboccetta. Bene, eccolo...

L´Adn Kronos, il 17 dicembre alle 13.52, batte le dichiarazioni dell´onorevole Laboccetta (AN): "A questo punto il caso Napoli è una questione di ordine pubblico e dignità nazionale (...) Il sindaco Iervolino afferma che occorre un chiarimento. È un´affermazione patetica e risibile. Piuttosto se volessimo applicare al suo caso il teorema di Di Pietro secondo cui chi è al vertice `non poteva non sapere´ sarebbero configurabili sue dierette responsabilità".

Nell´ordinanza però, a pagina 96 si legge: "(...) dopo circa un´ora, intercorre la telefonata tra Romeo e Laboccetta (che non risulta tra gli indagati ndr) dalla quale è possibile, innanzitutto, inferire che quest´ultimo era già stato in precedenza compulsato per sondare gli orientamenti ed, eventualmente indirizzare, i consiglieri di AN in ordine al progetto Global Service (...Volevo sapere se quelle chiacchierate erano andate bene...), evidentemente le informazioni assunte dal Romeo sul punto sono (negativamente) suggestive, attesi gli esiti della seduta consiliare, e mirano ad ottenere interventi ulteriori e più incisivi (...ma puoi incidere puoi fare ancora un po´ di cose...).

Si legge ancora, nelle 580 pagine dell´Ordinanza: "(...) il colloquio telefonico tra i due (...) prosegue il giorno dopo in una conversazione in cui Laboccetta continua a rassicurare l´apparentemente prostrato Romeo che, onde garantirsi con certezza il risultato, continua a pressare i politici di riferimento, sia per evitare sorprese ed intralci ulteriori (...) sia per continuare a controllare eventuali posizioni a vantaggio dell´Acen". Segue l´intercettazione e l´ordinanza continua: "Il lessico adoperato, tutt´altro che criptico, rimarca, ancora una volta la preoccupazione del Romeo di una improvvisa "cordata" pro ACEN e di discriminazioni per la sua impresa (...l´importante è che non sia discriminante per l´impresa che fanno già questo hai capito?..."...non ci sono raccordi con l´ACEN? ...questa gente che?..) dando ulteriormente conto del modus operandi del Romeo che, secondo le stesse parole adoperate dal Laboccetta, può ed è solito avvalersi di una rete di protezione tale da incedere sicuro verso l´obiettivo (sì...fra l´altro tu c´hai tanti amici pure là che hai comunque coinvolto in queste situazioni...ho visto...).
Un capolavoro. Un´acrobazia che nessuno saprà mai, ma sarà destinata a rimanere tra le 580 pagine dell´ordinanza del Tribunale di Napoli.

giovedì 18 dicembre 2008

APPROVATO DAL CONSIGLIO COMUNALE DI ALESSANDRIA

Nella seduta del 17 dicembre il Consiglio Comunale di Alessandria ha discusso e approvato (a larga maggioranza) l’o.d.g. presentato dal consigliere Aldo Rovito, segretario provinciale de La Destra, con il quale si chiede al Governo nazionale di estendere il beneficio della detassazione degli “straordinari” anche agli appartenenti alle Forze dell’Ordine. La Giunta, con l’intervento dell’Assessore Zaccone aveva espresso parere favorevole all’o.d.g., a seguito della presentazione del quale, avvenuta nello scorso mese di Luglio, lo steso Sindaco, Piercarlo Fabbio, si era fatto parte diligente nel richiedere al Governo nella persona del Ministro Sacconi, di prendere in esame la proposta.Nel suo intervento, Rovito, nel ribadire il ringraziamento al sindaco e alla Giunta per le azioni già intraprese, ha invitato il Consiglio ad esprimere un voto favorevole, per correggere quella che oltre a rappresentare una evidente ingiustizia perpretata ai danni delle Forze dell’Ordine, si appalesa per i più come un provvedimento, per molti aspetti, discriminatorio e incostituzionale

mercoledì 17 dicembre 2008

FINI all’assalto del suo passato si scaglia contro le leggi razziali e contro la Chiesa

Non ha evidentemente resistito al richiamo della distruzione così il Presidente della Camera, leader di Alleanza Nazionale torna sul Fascismo e sulle leggi razziali. Solo che stavolta chiama in causa anche la Chiesa puntanto il dito contro, in sostanza, Pio XII. Aprendo di fatto per il suo partito uno scontro tra quello che fu il vecchio Msi, da sempre legato al mondo cattolico, e la Chiesa apostolica romana. Il che avrà certamente conseguenze. Critica il fascismo e l’ideologia razzista che lo ha sostenuto, descrive “infami” le leggi del 38, ma punta il dito anche contro la Chiesa che non fece abbastanza per opporsi a tutte quelle atrocità. Così il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel suo intervento a Montecitorio, in apertura del convegno “1938-2008: settant'anni dalle leggi antiebraiche e razziste, per non dimenticare, non usa mezzi termini”.

NAPOLI: Inquisiti BOCCHINO (AN-PdL) e LUSETTI (PD)

NAPOLI - La bufera giudiziaria annunciata per giorni e giorni da indiscrezioni e boatos è arrivata. Tredici ordinanze di custodia cautelare scuotono il Comune di Napoli: per presunte irregolarità nella delibera del Global service finisce in carcere un big dell'imprenditoria, Alfredo Romeo, che secondo i pm avrebbe fatto in modo di ottenere un appalto "cucito" su misura. Ai domiciliari due assessori della giunta Iervolino, Ferdinando Di Mezza e Felice Laudadio, e due ex componenti della squadra del sindaco: Enrico Cardillo, che solo pochi giorni fa aveva annunciato l'addio alla politica, e Giuseppe Gambale, già sottosegretario all'istruzione e componente della commissione antimafia. Tra i destinatari delle misure cautelari anche l'ex provveditore alle opere pubbliche della Campania Mario Mautone, e il colonnello della Guardia di finanza già in forza alla Dia Vincenzo Mazzucco, accusato di aver fatto da "talpa" a beneficio degli indagati. Nell'inchiesta spuntano poi i nomi di due parlamentari, Italo Bocchino (Pdl) e Renzo Lusetti (Pd): avrebbero favorito Romeo, e per loro è stata chiesta al Parlamento l'autorizzazione all'uso di intercettazioni che li coinvolgono. Il sindaco Iervolino sospende i due assessori arrestati, non parla di dimissioni (dopo aver più volte ripetuto in questi giorni di avere "le mani pulite al 500 per cento") e annuncia però l'apertura di un confronto su quanto accaduto, sia in Giunta che con i partiti della coalizione. La delibera sul Global service era un affare da 400 milioni di euro, in realtà mai partito. Si intendeva affidare a un unico gestore, come avvenuto in altre città, l'appalto per una serie consistente di lavori pubblici e manutenzioni di competenza del Comune. La delibera fu varata ma il relativo appalto non è mai stato bandito, a causa della mancanza di copertura finanziaria. Secondo l'inchiesta del procuratore aggiunto Franco Roberti e dei sostituti Enzo D'Onofrio, Raffaello Falcone e Pierpaolo Filippelli, Romeo avrebbe organizzato un vero e proprio comitato composto da tecnici, professionisti, assessori e pubblici funzionari i quali ruotando intorno alla sua figura "a fronte delle prebende che egli è in condizioni di distribuire (in termini di posti di lavoro, in incarichi e consulenze ed in termini di denaro sonante) piegano la loro funzione ed i loro doveri in favore del primo assicurandogli l'aggiudicazione di appalti di opere e di servizi pubblici", sostengono i pm. In base agli elementi raccolti dalla Procura di Napoli ciò avveniva attraverso una vera e propria 'blindatura' dei bandi di gara, redatti "su misura" a beneficio di Romeo. I magistrati hanno disposto il sequestro di tutte le società ed i conti correnti riferibili direttamente o indirettamente all'imprenditore - compreso l'albergo recentemente inaugurato in città - per un valore di centinaia di milioni di euro.BOCCHINO DISSE A ROMEO,SIAMO UN SODALIZIO... "Quindi poi ormai...siamo una cosa...quindi...consolidata, un sodalizio, una cosa solida...una fusione di due gruppi". Così il parlamentare del Pdl Italo Bocchino si rivolge all'imprenditore Alfredo Romeo in una telefonata ritenuta assai significativa dai pm che indagano sulle presunte irregolarità negli appalti del Comune di Napoli. I magistrati sostengono l'esistenza di una "struttura organizzata unitaria" in una "ottica di contiguità, stabile comunanza e reciprocità di interessi che lega tra loro molti degli indagati". Nella conversazione intercettata vi è la dichiarazione di "un soddisfatto Bocchino - commentano i pm - all'esito del ritiro degli emendamenti più 'fastidiosi' proposti dal gruppo consiliare di An con riferimento alla delibera avente ad oggetto il progetto Global Service".

venerdì 12 dicembre 2008

Solidarietà a Alberto Rosselli, autore di destra, minacciato dagli estremisti


Ci sono persone che ogni combattono una battaglia per una Storia davvero libera. Perché? Perché amano profondamente la libertà. Ecco l´amico Alberto Rosselli (giornalista e scrittore genovese) è una di queste persone. Che è stato ripetutamente minacciato da estremisti turchi che "a qualunque ora del giorno e della notte lo chiamano a casa, sul cellulare e ovunque si trovi, minacciandolo di tagliare la gola a lui e a sua moglie.". Perché? Perché nel suo ultimo libro, "L'olocausto armeno" (Edizioni Solfanelli), ha raccontato "come nei primi anni del Novecento un milione e mezzo di cristiani armeni vennero massacrati dalle truppe islamiche turco-curde. Uomini, donne, vecchi e bambini: l'intera popolazione dell'Anatolia, colpevole soltanto di essere cristiana in una terra circondata da una maggioranza musulmana, venne barbaramente sterminata nei modi più efferati.". Questo volume vuole essere la testimonianza di come il piano di eliminazione di un intero popolo, non fosse soltanto il prodotto della politica attuata dal "sedicente partito progressista dei Giovani Turchi, ma traeva le sue profonde origini dalle antiche e mai del tutto sopite contrapposizioni tra la maggioranza musulmana turco-curda e la minoranza cristiana armena". "Nel biennio 1894-1896 le milizie ottomane, affiancate da quelle curde, rasero al suolo 2500 villaggi armeni sterminando circa 300mila persone tra uomini, donne, vecchi e bambini. Sempre nel 1896 il sultano Abdul Hamid ordinò quella che è passata alla storia come la strage di Urfa. Le milizie del sultano costrinsero circa 3mila armeni terrorizzati a rifugiarsi nella locale cattedrale, alla quale poi diedero fuoco, causando la morte di tutti i fedeli. Non contenti, rapirono anche 100mila donne e costrinsero un egual numero di cristiani a convertirsi all?Islam. Ma il genocidio vero e proprio - racconta Rosselli - fu progettato nel 1913 quando il comitato centrale dei Giovani Turchi pianificò il genocidio attraverso la messa a punto di un´efficiente struttura paramilitare, l´Organizzazione Speciale (OS), coordinata da due medici, Nazim e Shakir. In un intervento del 25 marzo 1915, il dottor Nazim, segretario esecutivo del comitato, disse: La Jemiet (Assemblea) ha deciso di salvare la madrepatria dalle ambizioni di questa razza maledetta (gli armeni) e di prendersi carico di cancellare questa macchia che oscura la storia ottomana. La Jemiet, incapace di dimenticare tutti i colpi e le vecchie amarezze, ha quindi deciso di annientare tutti gli armeni viventi in Turchia, senza lasciarne vivo nemmeno uno, e a questo riguardo è stata data al governo ampia libertà d´azione. Il primo eccidio avvenne il 24 aprile l915 quando 500 esponenti del Movimento Armeno vennero incarcerati e strangolati col fil di ferro. In un rapporto del 1917 l´ufficiale medico tedesco Hans Stoffels riferì di avere osservato a Mosul (Irak settentrionale) interi villaggi armeni con migliaia di corpi in decomposizione. I bambini - racconta - precedentemente violentati, sodomizzati e torturati nei modi più orrendi. Poi inventarono l´utile combustione: i prigionieri armeni venivano buttati vivi dentro le caldaie delle locomotive per fornire energia addizionale ai mezzi. L´ultimo sterminio, racconta sempre Rosselli, avvenne nel 1922 a Smirne, quando il nuovo regime repubblicano di Kemal Ataturk, che continuava a negare il massacro, fece uccidere circa 100mila civili greci e armeni". Rosselli, ci dice, inoltre, che "lo sterminio dei cristiani anatolici è già stato riconosciuto dal governo d´Israele nel 1994, dai Parlamenti russo, bulgaro e cipriota nel 1995, dal Vaticano e dal Parlamento Europeo nel 2000. Un´accurata e ampia ricostruzione delle vicende storiche che ha portato l´Europa a imporre "il riconoscimento del genocidio da parte di Ankara" quale condizione imprescindibile per l´integrazione turca nella UE".
"Il libro - racconta Rosselli - uscì nel 2007. Dopo alcuni mesi cominciai a ricevere a casa telefonate minacciose, sia nei mie riguardi, sia verso mia moglie. Voci sempre diverse ci dicevano che eravamo dei bastardi, che ci avrebbero ucciso e così via. E alle telefonate seguirono anche messaggi dello stesso tono via e-mail. A quel puntomi recai in Questura a denunciare il fatto, ma fu inutile. Pare, infatti, che le telefonate vengano dall´estero, così come le e-mail. In pratica, mi suggerirono di lasciar perdere e di non dare un peso eccessivo alla cosa. Il punto è che questi signori rivelano di conoscere perfettamente le mie mosse e quelle di mia moglie. Sanno persino che ho un cane e come si chiama. E questo può significare solo una cosa: da un anno mi controllano da vicino". La situazione che più ha spaventato Rosselli è avvenuta sabato 27 settembre, cioè il giorno in cui a Anguillara Sabazia, amena cittadina sul lago di Bracciano, in Lazio, stava ricevendo il Premio letterario internazionale Arché, proprio per il suo libro. L´anno prima aveva vinto lo stesso premio per il saggio «Sulla Turchia e l´Europa». Quel pomeriggio, mentre si trovava in un albergo della zona, una voce con accento straniero lo ha chiamato al telefono della stanza e ancora una volta lo ha minacciato di morte, coprendolo di insulti. Un´altra volta in cui ha ricevuto queste minacce è stato domenica 26 ottobre, sul suo cellulare, mentre stava recando a Palazzo Tursi per partecipare al dibattito organizzato dal senatore Enrico Musso (Pdl) sul progetto del sindaco Marta Vincenzi di costruire una moschea a Genova.
Ma perché, vi domanderete, questa vicenda non trova uno spazio adeguato sui media? Semplice. Perché Rosselli è di destra. Ovvero non fa parte di tutto quel carrozzone dell´intellghenzia radical - chic che, ultimamente, è distratta da un noto reality show e perciò finge di non vedere e di non sentire.
Ora, però, questa vicenda ha cominciato a fare il giro del mondo. Perché Il Giornale, nell´edizione genovese, se n´è occupato, con un articolo di Rino Di Stefano. "In questi giorni mi hanno chiamato la BBC di Londra, il quotidiano francese Le Figarò, la redazione nazionale di Sky, la Radio Vaticana e Il Foglio - dice Rosselli - Lunedì 8 dicembre, per esempio, l'Armenian Television, un'emittente di Stato, ha trasmesso un servizio sul mio caso, citando il vostro articolo. Tutto è cominciato dopo quella pubblicazione. Per circa una settimana quasi silenzio. Sono stato contattato soltanto da qualche amico e conoscente. Poi, improvvisamente, la notizia è stata ripresa da numerosi siti Internet, che hanno pubblicato per intero la recensione. È stata una catena. Proprio di queste ore è la notizia che la Federazione Europea degli Armeni, mercoledì 3 dicembre, ha presentato al Parlamento Europeo di Bruxelles un rapporto nel quale, citando quanto avete scritto voi, ha accostato il mio nome a quello del giornalista turco Dogan Ozguden e del professor Ronald Monsch, anche loro minacciati da estremisti turchi, per aver parlato pubblicamente del genocidio degli armeni. So per certo che, fino ad oggi, l'articolo è stato tradotto in inglese, turco e armeno. Ad esempio, c'è stata una pubblicazione integrale sul quotidiano on line L'Italo-Europeo, un giornale di cultura e approfondimento in italiano e inglese, diffuso in tutti i Paesi europei. Ma è arrivato anche Oltreatlantico. In Canada è stato pubblicato dal Corriere Italo-Canadese, mentre negli Stati Uniti è apparso in inglese su un giornale armeno. Insomma, questa storia ha avuto una diffusione che davvero non mi aspettavo".Secondo Rosselli, a fare da cassa di risonanza all'articolo del Giornale è stata soprattutto la Comunità Armena di Roma che, subito dopo aver saputo della pubblicazione, ha diffuso immediatamente il testo in tutti i suoi canali mediatici. Uno dei primi a riportare l'articolo è stato il sito Zatik dell'Associazione Amicizia Italo-Armena.Senza contare le varie pubblicazioni, quotidiane e periodiche, che in qualche modo hanno riportato la notizia un po' ovunque, come ha fatto appunto la britannica BBC. "Forse - spiega Rosselli - è stato l'effetto Saviano che ha innescato tutto questo interesse. Anche se, devo dire, il punto centrale è un problema di politica internazionale, quale l'ingresso della Turchia in Europa. L'Unione Europea ha posto ad Ankara, come condizione imprescindibile per l'integrazione della Turchia, il riconoscimento del genocidio da parte di Ankara. Riconoscimento che, detto per inciso, non è ancora avvenuto. Non più tardi di martedì 2 dicembre, l'eurodeputata olandese Ria Oomen-Ruijten, del Partito Popolare Europeo, ha presentato la versione provvisoria del suo rapporto 2008 sulla Turchia alla Commissione degli Affari Esteri del Parlamento Europeo. Ed è un fatto oggettivamente significativo che questa presentazione sia avvenuta tardivamente e davanti ad una sparuta platea di eurodeputati, conosciuti per il loro appoggio incondizionato alla Turchia, oltre a qualche giornalista dell'Anatolia. L'interesse, voglio dire, non è al massimo livello. E il non voler riconoscere l'olocausto armeno, non fa altro che peggiorare la posizione turca nei confronti dell'Europa".
Manifestiamo all'amico Alberto Rosselli, uomo e storico libero, tutta la nostra solidarietà. Non lasciamolo mai solo e non lasciamo soli tutti coloro che combattono la "buona battaglia" per la cultura non - conformista. Che è una battaglia di verità.
(Gino Salvi)

giovedì 11 dicembre 2008

Gent. Sig.a
Silvana Tiberti Segretaria Generale
Camera del Lavoro di Alessandria
ALESSANDRIA


In occasione della manifestazione che si svolgerà nella giornata di domani indetta da codesta Organizzazione Sindacale sui temi del carovita e della sicurezza sul lavoro (temi sui quali la Commissione Consiliare da me presieduta è impegnata a lavorare, pur nei limiti delle competenze assegnate dalla legge all’Ente Locale), giungano i sentimenti di solidarietà e di partecipazione miei personali e di tutta la Commissione da me presieduta.

Cordiali saluti,

Alessandria 11 Dicembre 2008

Aldo Rovito
Presidente Commissione Politiche Sociali
del Comune di Alessandria

DOSSIER PIAZZA NAVONA

Che succede in Italia? C’è rischio che sia sconvolta di nuovo come tanti anni fa nel sanguinoso periodo degli anni di piombo? Speriamo di no, ma c’è più di qualche motivo per essere preoccupati. Sullo scontro avvenuto a Piazza Navona il 29 ottobre 2008 durante le giornate di protesta studentesca contro il decreto Gelmini si è avuta molta informazione scandalistica e imprecisa.Nei giorni successivi agli scontri sui vari quotidiani nazionali è stata intentata una vera e propria campagna diffamatoria nei confronti dei ragazzi del Blocco Studentesco.Format quali Matrix, Anno Zero si sono occupati della vicenda.Alcuni portando avanti il loro operato sospinti dal dover di cronaca,altri,“Chi l’ha visto?” è solo un esempio,un po’meno.La cosa incredibile è che quello stesso dovere di cronaca, quella fame di verità e giustizia dovrebbe costituire presupposto aprioristico di qualsiasi giornalista che aspiri a chiamarsi tale.Già, dovrebbe.Ma alcuni “riscontri oggettivi” ci inducono a ritenere che nella prassi, purtroppo, non è esattamente così.Ci hanno chiamato violenti, aggressori,picchiatori, bastonatori di bambini.Poco importa se eravamo noi gli aggrediti. Poco importa se i “bambini” avevano tutti o quasi più di trent’anni, ese erano armati anche loro.Poco importa se ancora una volta il libero pensiero è stato sopraffatto (mediaticamente, si badi) dalla strumentalizzazionebecera e dagli interessi di pochi vecchi tromboni che hanno visto dietro “l’onda anomala” una torta troppo golosa per non essere sbafata. Poco importa se fino al 29 ottobre in piazza erano scesi più di 20000 studenti senza distinzioni politiche, poco importa se “l’onda anomala” era anomala per davvero. E poco importa se nel delirio mediatico generale, è stata approvata una riforma ancora una volta penalizzante perla scuola pubblica. Tutti troppo occupati nella ricerca del “cattivo” da cacciare.Tutti troppo occupati a ergersi garanti della protesta“pacifica, moderata, benpensante, media”.Tutti troppo occupati a esprimere solidarietà a una redazione, quella di “Chi l’ha visto?”, che, fuori tema peraltro, non ha fatto che aumentare il clima di tensione già palpabile nei giorni successivi a Piazza Navona. Hanno svenduto le nostre facce come carne da macello, noi che la faccia, ce la mettiamo sempre. Ci hanno accusato, infamato e diffamato, dandoci perfino degli infiltrati. Hanno giocato con le nostre vite. Hanno giocato sporco. E hanno giocato male. Hanno giocato male perché il Blocco Studentesco è ancora qui, e non arretra di un passo. Hanno giocato male perché “l’onda anomala”, quella vera, non la affogheranno mai. Sembra essersi infranta addosso allo scoglio dell’antifascismo, dell’egoismo, dello sporco interesse politico, ma già si sta preparando in fondo al mare per tornarepiù alta che mai. Perché i sogni non li puoi distruggere. Perchè la speranza e l’irrazionale voglia di vivere non le puoi fermare. Perché quelle parole:“Nè rossi, nè neri, ma liberi pensieri” sono rimaste impresse nel marmo di quella piazza. E risuonano ancora. Hanno giocato con le nostre vite. Hanno giocato sporco. E hanno giocato male. Di fronte a tutto questo non abbiamo altra possibilità che dare un segnale, forte. Questo libro vuole essere una risposta, a tutti loro. Una risposta politica, ovviamente, perché è quella che ci riesce meglio. Una risposta con i fatti ,ovviamente, perché non mentono mai.
(Dall'Introduzione a "dossier Piazza Navona, per g.c. di Blocco Studentesco - casa Pound Italia)

mercoledì 10 dicembre 2008

GIUSTIZIA E RIFORME

Ha ragione il Presidente Buontempo quando sostiene che la riforma della Giustizia non può essere fatta sotto l’emotività del momento, sulla spinta di fatti di cronaca, anche se gravi.
L’illegalità nella quale oggi è immersa gran parte della classe politico-amministrativa del PD (e non solo, visto che in Abruzzo lo scandalo che ha colpito il Presidente della Giunta Regionale ha coinvolto in maniera più o meno estesa anche esponenti del PdL con responsabilità di governo nella precedente giunta di centrodestra), non può essere l’occasione per regolamenti di conti o per riforme affrettate. Sembra che si voglia fare una riforma, per impedire ai Giudici di indagare sulle malefatte di una Casta che non ha più distinzioni di partiti, ma che trasversalmente attraversa tutti gli schieramenti. Il fatto che Violante, a nome della Sinistra, si sia dichiarato disponibile a collaborare con la maggioranza, la dice lunga sulle reali intenzioni dei novelli riformatori.
Tutti nel PD e nel PdL guardano all’America (e anche qualche Magistrato sproloquia di pubblico Ministero eletto dal popolo), ma negli USA l’FBI, servendosi di intercettazioni telefoniche (quell’utilissimo strumento di indagine che in Italia si vorrebbe eliminare) ha inchiodato alle sue responsabilità il Governatore di uno Stato, sbattendolo in cella con l’accusa di corruzione e concussione. In Italia, invece un Ministro è riuscito a far allontanare dalla sua sede un Magistrato (caso de Magistris) che voleva indagare sulla corruzione di pubblici amministratori. Ciò vuol dire che negli USA l’indipendenza della Magistratura è garantita, mentre in Italia l’indipendenza dei singoli Magistrati è alquanto precaria, se l’Organo di autogoverno della Magistratura ha avallato la scelta di quel Ministro.
L’unica riforma giudiziaria da fare è quella che riesca a coniugare la massima celerità dei processi, con il massimo di garanzie per i cittadini e di indipendenza (anche dalle correnti interne) per i Magistrati
E concludo, sempre con le parole del Presidente Buontempo: “Quando è in gioco la libertà delle persone si ha il dovere di fare le riforme con il massimo della serenità e astraendosi dalla realtà del momento. Non può essere la patologia della Giustizia a indicare la strada giusta per una riforma che è sì necessaria e urgente, ma che non può essere realizzata con gli stimoli politici attuali”
Aldo Rovito

venerdì 5 dicembre 2008

Cresce la destra nel Foggiano

Nell’ultimo consiglio comunale di S.Giovanni Rotondo il consigliere Michele Di Iorio,eletto nelle file dell’UDC,ha dichiarato ufficialmente la sua adesione alla Destra animato da grande enfasi ed entusiasmo.
Il passaggio del consigliere comunale di S.Giovanni Rotondo è la conferma di una progressiva e costante crescita esponenziale della Destra in terra di capitanata,logico ed evidente risultato di una politica messa in atto dalla Destra nel territorio dauno,azione politica protesa a dare risposte concrete ai bisogni primari ed essenziali di tutti quei cittadini che non riescono ormai a far fronte al quotidiano. La Destra a Foggia e nella sua provincia è al fianco degli agricoltori messi in ginocchio dalla grave crisi della agricoltura con la discesa a prezzi bassissimi del grano e delle olive tali da determinare un indebitamento delle aziende agricole a volte spesso irreversibile con la triste scelta di abbandono dei terreni;ne è dimostrazione l’impegno importante dell’On. Agostinacchio nella sua qualita’ di consigliere provinciale con ordini del giorno presentati in consiglio provinciale.
Ma l’azione della Destra in capitanata è decisa con posizioni di grande fermezza rispetto a temi pregnanti quali l’ambiente e il pesante impatto che spesso si ripercuote sulla salute di coloro che sono residenti nei territori in cui sono dislocate centrali e discariche abusive.Altresi’ l’azione della Destra come impegno sociale è stato forte e rilevante anche su un tema quale quello del “Diritto alla vita”sollevato recentemente in maniera drammatica e toccante dal caso della giovane Eluana Englaro chiedendo un intervento legislativo immediato ma facendosi anche portavoce del rispetto totale ed assoluto della tradizione cristiana che deve essere struttura portante della nostra civilta’.
La Destra si fara’ promotrice in tempi brevi di svariate manifestazioni su tutto il territorio provinciale che possano sensibilizzare l’opinione pubblica ed è ,inoltre,prevista nel mese di gennaio una importante conferenza programmatica che vedra’ impegnata la classe dirigente tutta della Destra. di Foggia.
Attualmente la Federazione provinciale della Destra annovera tra i suoi rappresentati degli enti locali oltre all’On. Paolo Agostinacchio come consigliere provinciale,consiglieri comunali nei comuni di Manfredonia, Mattinata,Lesina oltre al gia’ citato S.Giovanni Rotondo;a breve dovrebbero registrarsi altre adesioni alla Destra di consiglieri comunali di importanti centri della provincia.

6 Dicembre:Anniversario della strage alla Thissen Krupp

Domani, 6 Dicembre, ricorre il 1° anniversario della strage alla Thissen Krupp di Torino.
Ad un anno di distanza si rinnova il dolore e la rabbia aumenta. Aumenta perchè la situazione non è per nulla migliorata. Anzi, pare che, a causa della crisi economica, le aziende risparmieranno ancora di più proprio sulla sicurezza degli operai. Pertanto aumenteranno i rischi di morte per i "fortunati" (!) che potranno continuare a lavorare, vittime del sistema criminal-capitalista. E mentre concordemente dal Governo e dalla finta opposizione del P.D. si sostiene che non servono leggi più severe e controlli più ferrei, ma basta una semplice opera di educazione alla sicurezza da cominciare a impartire nelle scuole, gli operai continueranno a morire.
Ma la vogliamo capire che, se non si recupera il valore del lavoro, in tutte le sue forme, manuale, intellettuale, organizzativo, come massima espressione della personalità e della libertà dell'uomo (homo faber), se non si comprende che il sistema liberal-capitalista come è oggi strutturato è la negazione della libertà della persona, perchè autorizza lo sfruttamento dell'uomo e la sua subordinazione alle esigenze del più vieto economicismo, l'aumento delle morti bianche e il degrado del pianeta diventeranno fenomeni irreversibili?
Ritorniamo alla CIVILTA' DEL LAVORO!

Emergenza abitativa, qualcosa si muove alla Camera

Basta con Bengodi. Registriamo con soddisfazione che oggi alla Camera, nella discussione sul decreto in materia di disagio abitativo, verrà discusso un emendamento particolarmente interessante, presentato da tre deputati non del centrodestra, ma dell’Italia dei Valori, Pifferi, Monai e Scilipoti.
Reca il numero 1.04 e propone di affidare alle regioni nuovi criteri di assegnazione delle case popolari.
Prioritariamente, vanno individuati come beneficiari anziani poveri, nuclei familiari a basso reddito, soggetti sotto sfratto.
Fin qui tutto ovvio. Ma il "dettaglio" più interessante è l'ultimo requisito: "immigrati regolari a basso reddito, residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale ovvero da almeno cinque anni nella medesima regione".
Avremmo preferito un'indicazione più netta sulla nazionalità italiana come titolo preferenziale per la case popolari, ma comunque si comincia a fare strada un principio: qui non è Bengodi. Per beneficiare di strutture pubbliche italiane devi stare nel nostro Paese da almeno dieci anni. O da almeno cinque nella regione dove si vive.
Chissà se il centrodestra passerà dalle parole ai fatti….

martedì 2 dicembre 2008

GIUSTIZIA (!) ASSURDA

Roma - All'assurdità della Cassazione sembra proprio che non ci siano limiti. Specie se si tratta di bambini. Così secondo la Corte Suprema una madre che si dedica all'accattonaggio portando con sè i figli piccoli risponde di maltrattamenti, ma non di riduzione in schiavitù se il "lavoro è limitato all'orario d'ufficio", dalle 9 alle 13. Lo hanno deciso i giudici della Cassazione, che ha spiegato: "L'elemosina costituisce una condizione di vita tradizionale molto radicata nella cultura e nella mentalità di alcune popolazioni".
I giudici della quinta sezione penale hanno perciò annullato in parte la condanna a 5 anni di reclusione per l'accusa di "riduzione in schiavitù" inflitta dai giudici della Corte d'assise d'appello di Napoli a una giovane nomade che era stata fermata mentre chiedeva l'elemosina nel casertano portando con sé i due figli piccoli. Secondo la Cassazione il comportamento della donna deve essere punito, ma secondo quanto stabilisce il meno grave reato di maltrattamenti in famiglia. Per questo il verdetto dei giudici di merito è stato annullato con rinvio e il nuovo processo, dopo aver tenuto conto delle osservazioni dei giudici di piazza Cavour, dovrà anche stabilire la nuova pena, inferiore rispetto ai 5 anni della precedente condanna.
In particolare, nelle motivazioni della sentenza, i giudici della Suprema corte hanno sottolineato che quando "l'adulto si dedica alla mendicità per alcune ore al giorno, ciò rende possibile che dopo tale attività nelle ore del mattino, nella restante parte della giornata si prenda cura dei figli in modo adeguato, cercando di venire incontro alle loro necessità e consentendo anche di giocare e frequentare altri bambini". Secondo i giudici campani, invece, la nomade aveva "approfittato di una situazione di inferiorità psichica del minore costretto all'accattonaggio con finalità di sfruttamento economico".
La Cassazione, con la sua sentenza articolata, invita a "prestare attenzione alle situazioni reali e a non criminalizzare condotte che rientrino nella tradizione culturale in un popolo". Il riferimento è al "mangel", l'accattonaggio praticato dalle popolazioni nomadi.

Ma a fine mese non ci si arriva... Lettera aperta di Francesco Storace a Silvio Berlusconi

Hai voglia, Berlusconi, a spargere spiccioli alla povera gente. Il problema è ben più serio e si capisce che cosa vuol dire non avere una forza di destra vera al governo
del Paese, che le sue proposte le ha messe nero su bianco nella mozione approvata dal Congresso.40 euro al mese ai più poveri sono fuffa.Rinunciare a lanciare sulla casa un proposta rivoluzionaria come il mutuo sociale è dire che chi non ha continuerà a non avere. Detassare gli straordinari per il privato e non per il pubblico equivale a dividere chi lavora, sfruttando i
primi e penalizzando i secondi (tra cui quei poliziotti e carabinieri a cui dite sempre di impegnarsi per la sicurezza dei cittadini).
Avete promesso di abolire le province e il bollo auto ed è finita che fate gestire il bollo auto dalle province.
Avete di nuovo lasciato il campo agli speculatori dell’acqua, che non volete più pubblica.
Trovate i soldi per dare quattrini ingenti a Gheddafi, ma gli immigrati continuano a sbarcare e le
tredicesime sono sempre più povere.
Negli asili nido e nelle case popolari entrano più stranieri e meno italiani: è questa la giustizia sociale?
No, tutto questo è demagogia, è vecchia storia sinistra che abbiamo già conosciuto nella nostra storia quando con le bandiere rosse si ingannavano i più poveri.
Ora sono diventate azzurre, ma che cambia?
Vai dicendo in giro, per soggezione culturale, che la tua è una politica di sinistra e ci chiediamo perché uno di destra ti debba votare…
Lo hanno fatto e credo che in giro ci sia qualche pentimento.
Noi ti e vi aspettiamo al varco. Non ne possiamo più di farci prendere in giro.
Anche perché,
mentre regali un euro al giorno ai più poveri, il risanatore di Alitalia, Fantozzi, si cucca 15 milioni di euro, dicono….E noi paghiamo. Ma le banche no.
Noi lo diremo il 24 gennaio a Roma. Per la coesione nazionale, contro l’egoismo sociale.
A dire che l’uomo viene prima del lavoro. La persona prima del profitto.
Tu non ci sarai. Sennò Bossi ti molla.
Francesco Storace

martedì 25 novembre 2008

CONTRO IL CAROVITA: OSSERVATORIO COMUNALE DEI PREZZI

Nella Commissione Consiliare Politiche Sociali di cui sono Presidente, è stata esaminata la proposta di istituire, a cura del Comune di Alessandria in collaborazione con le Associazioni dei Commercianti, degli Agricoltori, dei Consumatori e con la Camera di Commercio, un "Osservatorio Comunale dei prezzi", il cui compito sarebbe quello di rilevare giornalmente sui mercati, nei supermercati e, se possibile, anche nei negozi di vicinato il prezzo di una serie di prodotti di largo consumo per le famiglie. I prezzi rilevati, dovrebbero essere raccolti presso il Comune e diffusi immediatamente, sia mediante la pubblicazione sul sito internet del Comune che tramite le radio private e gli altri mezzi di comunicazione che volessero collaborare all'iniziativa. I "rilevatori" dei prezzi dovrebbero essere dei volontari, messi a disposizione e opportunamente addestrati dalle associazioni dei Consumatori operanti in Città. Lo scopo, evidente, è quello di rendere il consumatore più informato e consapevole nelle sue libere scelte e non ha alcun intento punitivo nei confronti dei commercianti. La proposta, suggerita da una iniziativa effettuata in Provincia dall'ADICONSUM e da me proposta alla Commissione ha raccolto interesse dai colleghi Consiglieri e sarà formalizzata nella seduta di venerdì 21 p.v.

CONTRO IL CAROVITA: UN RISTORANTE SOCIALE

CONTRO IL CAROVITA, UN RISTORANTE SOCIALE
(na. min. 24/11) - La Commissione Politiche Sociali, presieduta da Aldo Rovito ha incontrato stamattina il consigliere anziano dell’Aristor, Antonio Facciano, per esaminare possibili interventi comunali contro i problemi legati al carovita. Nel corso della discussione è emerso il progetto di creare il primo “Ristorante Sociale” alessandrino, in cui verrebbero forniti pasti completi (primo, secondo, contorno, bevanda) a un prezzo di poco inferiore a 5 euro.
Il consigliere Facciano ha confermato che la possibilità esiste e che quindi si può cominciare a lavorare per la sua realizzazione concreta. “Occorrerà studiare un metodo – commenta il presidente Rovito – per regolare l’accesso dei cittadini, favorendo le classi più disagiate. L’amministrazione comunale dovrà ora individuare i locali più adatti, per capienza e ubicazione.
Questo ristorante, inoltre, permetterà all’Aristor di fornire un servizio in più, aumentando quindi la sua capacità imprenditoriale”.

domenica 23 novembre 2008

IL SIGNORE SI' CHE SE NE INTENDE !

«Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri… Nel senso che le forse dell’ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano… Questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio» (1).Guardando le tante immagini degli scontri di ieri mattina in piazza Navona a Roma, mi sono tornate in mente queste parole di Francesco Cossiga, ex presidente della Repubblica, ma sopratutto esperto ex ministro degli Interni. Proprio quel Ministro degli Interni che in Parlamento nel 1980, ad appena 48 ore dall’attentato alla stazione di Bologna, annunciò solennemente - ben prima di qualsiasi indagine - che la bomba era “fascista” («Non da oggi si è delineata la tecnica terroristica di timbro fascista. Il terrorismo nero ricorre essenzialmente al delitto di strage perché è la strage che provoca paura, allarme, reazioni emotive e impulsive»), dando il via ad un’intensa stagione di repressione a senso unico nei confronti della destra extraparlamentare e non. Solo undici anni dopo, davanti al “Comitato per i servizi di sicurezza” (15 marzo 1991) riconobbe di aver sbagliato nell’addebitare la strage alla ‘destra’, sostenendo che «il giudizio espresso allora fu il frutto di errate informazioni che mi furono fornite dai Servizi e dagli organi di polizia. La subcultura e l’intossicazione erano agganciate a forti lobby politico-finanziarie». Neanche una parola per le decine di ragazzi che furono travolti e rovinati da quell’inchiesta giudiziaria.La sua “ricetta democratica” somiglia pericolosamente all’atteggiamento tenuto ieri dalle forze dell’ordine, che ‘odora’ di direttive superiori. Prima hanno ‘scortato’ in piazza Navona il corteo degli universitari, pesantemente inquinato dalla presenza di centinaia di appartenenti ai centri sociali (considerando l’età apparente, c’erano numerosi ‘fuori corso’), poi hanno consentito ai più esagitati - corroborati dalla colonna sonora con “Bella ciao” e “siamo tutti antifascisti” - di attrezzarsi per lo scontro con caschi, passamontagna, bastoni, bottiglie e sassi (qualche minuto dopo si riforniranno anche di sedie e di tavolini ‘presi in prestito’ da un locale della piazza). Quindi, miracolosamente sono spariti dalla piazza, evitando di frapporsi tra questi pacifici manifestanti ed i ragazzi di “Blocco studentesco”, che presidiavano la piazza insieme agli studenti delle superiori al suono di “Né rossi né neri, solo liberi pensieri”.Infine, a completare il quadro anomalo, altri reparti in assetto antisommossa che, pur controllando gli accessi alla piazza, sono intervenuti con una calma serafica lasciando scatenare gli scontri ed operando 2 arresti (in una sorta di ‘par condicio’, uno per parte, anche se… 34 anni il ‘rosso’, 19 il ‘nero’) e 21 fermi, in questa categoria l’organizzazione studentesca di destra si è aggiudicata il 100%.Accaduto ciò, da ieri si parla più degli scontri che dei contenuti del decreto Gelmini, si affaccia prepotentemente la criminalizzazione della presenza nella protesta dei giovani di destra non governativi, riecheggiano nuovamente richieste di scioglimento di organizzazioni giovanili e partiti. Tutto ciò mi ricorda qualcosa…
Faber
(Vignetta di Forattini - 1977)
1) Quotidiano Nazionale, 23 ottobre 2008

giovedì 20 novembre 2008

SCANDALO AL PORTO DI NAPOLI

Scandalo al Porto di Napoli-Torbidi intrecci politico-affaristici A Napoli vanno azzerate e rinnovate da cima a fondo tutte le Istituzioni-

Secondo una nota dell'Ufficio Stampa de LA DESTRA la notizia che rende nota l´ordinanza di misura cautelare coercitiva con «divieto di dimora» nell´intera Regione Campania nei confronti del presidente dell´autorità portuale di Napoli, Francesco Nerli, esponente storico della Sinistra, già deputato del Pci e senatore del Pds, indagato per il reato di concussione aggravata e continuata ai danni di numerosi rappresentanti di società operanti nel porto di Napoli per aver imposto dazioni di danaro al suo partito, è la grave conferma del livello di degrado generalizzato che investe la Città e La Regione.
Ma sono di queste ore-prosegue la nota de LA DESTRA- anche le notizie di stampa che raccontano del torbido intreccio di interessi ed affari politico, economici ed imprenditoriali che vedrebbero collegate tra loro tutte le più importanti operazioni finanziarie e gli appalti pubblici napoletani e campani degli ultimi 15 anni: dalla Soresa alla Banca del Sud, dalle consulenze milionarie dei rifiuti, alla Pentar (società della famiglia Romiti nata dopo il business monnezza a Napoli), tutto direttamente riconducibile a professionisti e faccendieri gravitanti intorno ad un noto Studio professionale di Napoli, sito in via Melisurgo.
Tutto ciò dimostra-Afferma LA DESTRA- che il degrado ha contaminato tutte le Istituzioni, che vanno azzerate e rinnovate cima a fondo senza ulteriori protezioni e coperture consociative.

una firma per l'Europa

ELEZIONI PER IL PARLAMENTO EUROPEO 7-8 Giugno 2009

UNA FIRMA PER “La DESTRA”

Al centro della nostra proposta politica la Persona con la sua Dignità
LA DESTRA PER LA VITA CONTRO LA CULTURA DELLA MORTE:
NO ALLA DROGA! NO ALL’EUTANASIA!




PER L’AUTONOMIA ENERGETICA DELL’EUROPA

UNA POLITICA ESTERA E MILITARE EUROPEA
per tutelare gli interessi dell’Europa e non quelli degli USA

GESTIONE EUROPEA DEL PROBLEMA IMMIGRAZIONE:
Diventi reato l’Immigrazione clandestina
Quote europee per l’immigrazione regolare per studio e lavoro
CONTRO L’EUROPA DEI BANCHIERI PER L’EUROPA DEI CITTADINI
Sostegno ai redditi bassi
Diritto alla casa
L’acqua come bene pubblico

TURCHIA IN EUROPA? NO, Grazie!

CINQUE MILIARDI DI €uro a Gheddafi?NO,Grazie!

http://www.storace.it/
La destra –v. dell’Erba, 1 Alessandria 334/6203914

lunedì 17 novembre 2008

SICUREZZA STRADALE: FATTI E NON PAROLE!

I morti degli ultimi giorni sulle strade italiane, dimostrano ancora una volta il completo fallimento di quella politica della sicurezza finora portata avanti solo con proclami e con provvedimenti banali quanto inefficaci. La realtà che si fa finta di ignorare è che nessuna forma di prevenzione è possibile senza un maggior numero di Agenti a vigilare sull’osservanza del Codice della Strada.
Inoltre, il ricorso spasmodico agli Autovelox è solo un patetico palliativo per fare cassa, in quanto questi, che peraltro intervengono solo ad infrazione avvenuta, non impediscono certamente all’automobilista spericolato di compiere manovre pericolose, ponendo a rischio la vita altrui. L’unica vera prevenzione si ottiene invece attraverso una presenza costante degli uomini della Polizia Stradale sulla rete viaria, evitando che gli stessi debbano essere ancora costretti a una sorta di “pendolarismo” da una provincia e da una regione all’altra, per effettuare quei controlli “a macchia di leopardo” che, grazie ad una abile e spregiudicata regia politica e al massiccio impiego dei mass-media, vengono oggi spacciati come la soluzione definitiva del problema.
Ma la verità che si nasconde agli italiani è ben diversa! Esiste, per la sola Polizia Stradale, una carenza di organico di almeno 5000 Agenti sull’intero territorio nazionale, mentre mancano le auto e gli equipaggiamenti e, non vengono corrisposte le indennità e gli straordinari, se non con notevole ritardo.

Il Dipartimento della P.S., a causa dei tagli economici disposti dal Governo, si accinge altresì a chiudere molte Sezioni e Distaccamenti della stessa Polstrada, così lasciando che centinaia e centinaia di chilometri di strade restino del tutto prive di controllo, in barba alle tanto sbandierate misure per la sicurezza stradale.
Il Ministero dei Trasporti si appresterebbe poi a potenziare sulle più importanti arterie stradali il sistema di rilevazione “TUTOR”, il quale svolge sostanzialmente le funzioni di un autovelox calcolando la velocità di transito di un veicolo tra un tratto stradale e l’altro. In tal caso, gli Uffici Verbali della Polstrada saranno inevitabilmente “ingolfati” da una moltitudine di contravvenzioni, per la cui gestione si dovrà necessariamente far ricorso ad altro personale, probabilmente sottraendolo ai servizi di pattuglia su strada. Sollecitiamo il ripristino delle condizioni di operatività della Polstrada e l’inasprimento delle pene per i conducenti ubriachi o drogati, stigmatizziamo quindi l’incapacità del Governo di impedire che altre vittime innocenti paghino con la vita le altrui colpevoli inefficienze in materia di sicurezza stradale e, torniamo a chiedere al Ministro dell’Interno Roberto MARONI e al Ministro delle Finanze Tremonti più uomini e più risorse per la Specialità, nonché il mantenimento di tutte quelle Sezioni e quei Distaccamenti che si intenderebbe inopinatamente chiudere, sguarnendo i territori interessati dalla necessaria vigilanza.

Alessandria 17 Novembre 2008

Marinella Vallini Commissione Sicurezza “La Destra”

CONCLUSO IL CONGRESSO NAZIONALE DE LA DESTRA: IL PARTITO RIAFFERMA LA SUA INDIPENDENZA, MA APRE ALLE ALLEANZE CON IL PDL E CON l’UDC.

Dopo tre giorni di intenso dibattito, si è concluso nel tardo pomeriggio di domenica, il 1° Congresso Nazionale de LA DESTRA, la formazione politica fondata poco più di un anno fa dal Senatore Francesco Storace. Francesco Storace e Teodoro Buontempo sono stati eletti per acclamazione Segretario e presidente Nazionale del Movimento. I milleduecento congressisti erano chiamati a confrontarsi sia sulle proposte di modifiche statutarie, tendenti a rendere più salda la struttura organizzativa del partito, sia sulla possibilità di alleanze future con il PdL. Su questo secondo punto, è stato chiaro il Sen. Storace. “Siamo un partito democratico orgoglioso della sua indipendenza,” ha detto nell’intervento conclusivo, “siamo nati per raccogliere consensi e per dare ai cittadini. Non siamo un’opposizione. Verrà anche il momento delle alleanze” “Dobbiamo essere capaci - ha sottolineato Storace - di spostare a Destra l’asse del bipolarismo italiano. Io sono contento, come uomo politico, di aver lavorato per il bipolarismo. Tuttavia oggi mi batto per un bipolarismo che non abiuri i valori della Destra”.
Tra i tanti interventi, di particolare interesse quello dell’On. Roberto Salerno, coordinatore del Piemonte, che ha invitato a considerare anche l’ipotesi di costituzione di un polo di centro-destra vero, quale quello che potrebbe essere rappresentato da un’alleanza tra La Destra e l’UDC.
Vivamente apprezzato da tutti i delegati il messaggio del Capo dello Stato, On. Giorgio Napolitano, il quale, in risposta al messaggio del sen. Storace, ha scritto:
“E' significativo che ella abbia posto al centro dell’appuntamento congressualepuntuali e impegnativi richiami ai valori etici e alla centralità della persona - in un contestocaratterizzato dal crescente inserimento nei processi di globalizzazione internazionale -così come alla necessità di sollecitare la partecipazione dei cittadini alla politica nazionalenel rispetto del metodo e dei principi democratici”.
Quattro gli alessandrini eletti nel Comitato Centrale, il “parlamentino” de La Destra; sono il Segretario Provinciale, Aldo Rovito, Mauro Tasso (Novi Ligure), Gino Santapà (Valenza) e Marinella Vallini (Quattordio), chiamati ben presto a tornare a Roma il 29 Novembre per la prima riunione nella quale si dovranno approvare le liste dei candidati per le elezioni europee della prossima primavera e organizzare la grande manifestazione di piazza del prossimo 24 Gennaio.

Nuove adesioni a La DESTRA

GROSSETO (26.10.2008). Il movimento Giovani Indipendenti aderisce a La Destra. Lo comunica il responsabile provinciale Florio Salusti: "Pur mantenendo autonomia politica invitiamo associati e simpatizzanti ad aderire all'unico partito che rispecchia le nostre posizioni politiche" Da Salusti auguri di buon lavoro al segretario provinciale de La Destra, Adriano Renis.
MONTE DI PROCIDA (28.10.2008). Luigi Illiano, assessore al Bilancio del Comune di Monte di Procida aderisce al partito di Storace. A seguito di incontro con il responsabile provinciale on.le Bruno Esposito ed il responsabile dell'Organizzazione Provincia ing. Maurizio Bruno, nel corso del quale -informa una nota dell'uffico stampa de LA DESTRA- è stata registrata la più ampia convergenza circa le politiche e le iniziative da intraprendere per il risanamento ambientale e per lo sviluppo economico e sociale dell'intero comparto flegreo, l'assessore Illiano ha sottoscritto l'adesione al partito che comunicherà ufficialmente nella prossima seduta del Consiglio Comunale di Monte di Procida.
NAPOLI (5.11.2008). La Federazione provinciale de LA DESTRA di Napoli comunica- in una sua nota- l'adesione dell'on.le Massimo Abbatangelo al partito.Si tratta -afferma il portavoce provinciale Maurizio Bruno- di una decisione importante che si colloca in un momento significativo per la destra italiana.Dal suo canto l'on.le Abbatangelo ( consigliere comunale di Napoli dal 1964 al 1987-deputato al Parlamento per quattro legislature 1979/1994-europarlamentare- dirigente nazionale del MSI e di Alleanza Nazionale-oggi componente dell'Assemblea Nazionale) afferma che a pochi giorni dal primo Congresso nazionale de LA DESTRA che si svolgerà il 7/8/9 a Roma, era giusto schierarsi al fianco di Storace e dei suoi amici di sempre, Antonio Rastrelli, Bruno Esposito, Michele Florino, Maurizio Bruno e tanti altri, per riaffermare con forza quei valori che la Destra ha strenuamente difeso in Italia sin dal dopoguerra e che sono indispensabili per la crescita morale e civile della Nazione italiana, soprattutto in un momento come l'attuale di crisi generalizzata del Paese e dell'incertezza e delle contraddizioni nelle quali si muove l'attuale Governo.Il mio impegno-conclude la nota- sarà particolarmente incentrato nel risanamento morale, civile, sociale ed economico della Campania e quindi nell'avvicendamento delle "giunte rosse" che hanno contribuito all'attuale grave degrado istituzionale, affinchè si apra una fase nuova e profondamente diversa.
BRINDISI (17.11.2008). Il consigliere comunale di Brindisi, Massimiliano Cursi e quello circoscrizionale, Luca Di Giulio, lasciano Alleanza nazionale e aderiscono a La Destra, insieme a un consistente numero di iscritti. Intanto, è stata fissata per venerdì 21 novembre, alle ore 19,30 a Brindisi, in piazza Cairoli 5, l'inaugurazione della nuova sede locale de La Destra.

martedì 21 ottobre 2008

A proposito della chiusura delle scuole con meno di 50 alunni.

MODESTA PROPOSTA PER PREVENIRE POLEMICHE INUTILI E MAGARI PER RISOLVERE – PARZIALMENTE - IL PROBLEMA DELLO SPOPOLAMENTO E DELL’ABBANDONO DEI PICCOLI COMUNI
PREMESSA

Con l’art. 3 del Decreto n. 154/08 (Definizione dei piani di dimensionamento delle istituzioni scolastiche rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali) il Governo, agendo per l’attuazione di una normativa voluta fin dal 1998 dall’allora Governo Prodi e dal Ministro Bassanini, avente lo scopo di “razionalizzare” la rete scolastica, cioè ridurre i costi per la scuola, ha voluto rendere inderogabili le norme, ripetiamo varate fin dal 1998, ed ha imposto alle Regioni, tutte sino ad oggi inadempienti, ad ultimare, di concerto con i Comuni interessati i Piani di ridimensionamento delle istituzioni scolastiche, rientranti nelle competenze delle regioni e degli enti locali, in modo che il piano di razionalizzazione della rete scolastica nazionale possa cominciare ad essere attuato per l’inizio dell’anno scolastico 2009/2010.

‘E evidente che l’imposizione di un termine così breve può suonare come un attacco alle competenze delle Regioni ed a tutto il sistema delle Autonomie Locali, se non fosse che l’intervento del Governo si limita a sollecitare un adempimento per il quale Regioni (e i Comuni interessati) avrebbero potuto cominciare a provvedere fin dal 1998, anno in cui fu approvata la norma voluta dal Ministro Bassanini (governo di centrosinistra).
Non serve a nulla, oggi, protestare e strapparsi le vesti, come fa la governatrice del Piemonte, Mercedes Bresso, o tanti esponenti di sinistra del mondo della scuola, anche sindacali, che in questo giorni guidano la protesta anti-Gelmini, imputandole anche questo attacco alle scuole dei piccoli comuni, dei Comuni montani, delle piccole isole, ecc.

Indubbiamente è strano che un governo di centrodestra, cerchi di mettere in pratica un provvedimento voluto, ma non attuato, né dal Governo di centrosinistra che lo approvò, ne da quelli che si sono succeduti alla guida del paese dal 1998 ad oggi. ‘E strano su questo tema il silenzio della Lega; infatti soprattutto la Lega, ma anche il Pdl, hanno dimenticato gli interessi della gente di Montagna che li ha votati . Per evitare lo spopolamento delle Valli da parte dei giovani e delle famiglie, i piccoli Comuni e le Comunità Montane da anni, con grandi sacrifici ed impegno, mantengono le scuole in loco con la massima economia ed efficienza.
Ancora più paradossale è poi il fatto che i partiti di centrosinistra che quel provvedimento votarono nel 1998, oggi protestino contro l’attuale governo che ne pretende l’attuazione.

PROPOSTA

Premesso quanto sopra e ribadito che comunque le Regioni hanno avuto 10 anni di tempo dal 1998 ad oggi per redigere i Piani di ridimensionamento delle reti scolastiche e che questi 10 anni li hanno sprecati, occorre verificare cosa si può fare in concreto per ribaltare la situazione.
Rileviamo ancora come la chiusura dei plessi scolastici in cui non si raggiungano i 50 alunni, una volta attuata farà risparmiare (quanto?) nel bilancio della P.I., ma scaricherà delle spese sui Comuni e sulle famiglie, ad es. per il trasporto alunni, o per l’ampliamento delle sedi che accoglieranno gli alunni dei plessi chiusi, scaricando sui comuni più deboli spese insostenibili, oltre ad aumentare i disagi delle famiglie e degli scolari.
Occorre inoltre tener presente che i piccoli comuni rappresentano una realtà strategica per il presidio del territorio e la tenuta culturale ed identitaria del Paese e l'imposizione di obiettivi numerici a scala regionale, rischia di creare situazioni di svantaggio rispetto alla piena garanzia del diritto all'istruzione per i cittadini delle aree più marginali, tra le quali molti piccoli Comuni, non solo di montagna, o delle piccole isole, ma anche di tante realtà collinari, o di campagna. Non dimentichiamo la specificità del nostro territorio e la particolare sofferenza di tante aree che i minacciati tagli alle sedi scolastiche contribuiranno ad accentuare, perché la necessità di garantire ai propri figli la possibilità dell'istruzione, senza doverli sottoporre fin da piccolissimi ai sacrifici e ai disagi del pendolarismo, spinge le famiglie ad emigrare laddove il servizio è garantito.
Le scuole dei piccoli Comuni, infatti, non solo rappresentano un servizio essenziale che contribuisce alla permanenza abitativa di famiglie e giovani generazioni, ma sono anche un importante, ed a volte l'unico, presidio educativo e culturale del territorio, in cui svolgono un'opera insostituibile di salvaguardia e sono portatrici di cultura, saperi e tradizioni.
Tutto ciò premesso, noi riteniamo che da parte di tutti gli attori interessati, Regioni, Comuni sedi di plessi scolastici a rischio, Provincie (se vogliono uscire dal grigiore della loro percepita inutilità), istituzioni scolastiche, occorre mettere in campo tutte le risorse di idee e di progetti per rilanciare la funzione dei piccoli Comuni, come sedi di iniziative culturali, ma anche come luoghi in cui, sotto tanti aspetti, la qualità della vita può essere considerata migliore di quella dei grandi centri urbani.
In questo progetto le Regioni hanno un grande potere ed una grande responsabilità, ma anche una grande opportunità: non debbono limitarsi a rivendicare le loro competenze, ma debbono, e possono, agire concretamente. Le Regioni, infatti, sono erogatrici dei fondi per l’edilizia residenziale pubblica attraverso le ATC, e per l’edilizia residenziale agevolata e convenzionata. Ebbene sarebbe sufficiente che le Regioni, destinassero una parte cospicua di tali fondi alla realizzazione di unità alloggiative da assegnare a giovani coppie o a coppie che abbiano figli in età scolare, nei piccoli comuni (non importa se montani o collinari, o di pianura), e chiedessero anche alle Fondazioni Bancarie di indirizzare su tale obiettivo i loro finanziamenti.
I Sindaci di tali Comuni dovrebbero impegnarsi a trovare le risorse per reperire e mettere a disposizione i terreni necessari, a basso costo, non solo, ma anche per assicurare a giovani coppie che volessero fissare la loro residenza nel comune una serie di agevolazioni (anche minime, ma significative, in termini di messaggio promozionale della volontà di accogliere nuovi nuclei familiari, ad es. l’esonero dalle spese per il rilascio della Carta d’identità, l’esonero dal pagamento della Tassa Raccolta Rifiuti per i primi tre anni).
Gli alloggi dovrebbero essere costruiti, secondo ferree norme di risparmio energetico e di rispetto per l’ambiente. La progettazione dovrebbe essere affidata a giovani architetti, all’uopo formati e selezionati dalla Regione. La costruzione, dovrebbe essere affidata, con procedure semplificata a imprese aventi sede in Regione, o, meglio ancora, nella Provincia in cui si realizza l’intervento.
Nell’assegnazione degli alloggi costruiti nei piccoli Comuni individuati nel piano regionale, si assegnerebbe un punteggio maggiore alle coppie giovani e un punteggio ancor più elevato a quelle con figli, anche in relazione all’età di questi ultimi: bambini più piccoli = punteggio più elevato), coppie che abbiano il requisito minimo della residenza in regione da almeno cinque anni e sul territorio nazionale da almeno 10, con ulteriore punteggio preferenziale per chi si sposta dai centri maggiori.
°°°
Riteniamo che si tratti di una proposta molto semplice ed attuabile, con un po’ di buona volontà da parte di tutti; in particolare ci rivolgiamo ai Sindaci dei piccoli Comuni perché la facciano propria e chiedano alle regioni di uscire dalla consuetudine di intervenire solo o principalmente sui grandi centri urbani.
Trieste 23 Ottobre 2008
Andrea Ballauri, consigliere comunale di Varisella (TO)
Massimo Bisio. Vice sindaco di Fresonara (AL)
Angelo Cignatta, Consigliere Comunale di Carrosio (AL)
Aldo Rovito, Consigliere Comunale di Alessandria

L’ex Caserma dei vigili del Fuoco “regalata” agli occupanti abusivi. Dove finiscono legalità e socialità?

“Apprendiamo con “stupore”, dichiara il portavoce Provinciale del partito La Destra di Francesco Storace, l’avv. Aldo Rovito, “della decisione del Presidente Filippi, di regalare, immaginiamo in comodato d’uso gratuito, i locali dell’ex Caserma dei Vigili del Fuoco a coloro che ne hanno fatto oggetto di occupazione abusiva ed illegale”.
“Noi avevamo chiesto che l’immobile fosse messo a disposizione, di concerto con l’ATC e con il Comune di Alessandria, per costruire alloggi di edilizia economica e popolare, per sopperire alla carenza di almeno 600 alloggi di questa tipologia esistente nel solo Comune di Alessandria: la Giunta Filippi intende invece premiare l’ala estrema della sua coalizione, creando così un pericoloso precedente nella nostra Città, ed avallando il ripetersi di episodi di illegalità (occupazione abusiva di alloggi, sfratti bloccati, ecc.), dei quali il Presidente dell’ATC, Gianni Vignuolo, si è già pubblicamente lamentato.”
“Auspico, conclude Rovito, “che all’interno della Giunta, ci sia ancora chi, predicando in continuazione rispetto delle regole e rispetto della legalità, faccia sentire la propria voce e si opponga a questo atto illegittimo e, comunque inopportuno. E l’opposizione, se c’è, batta un colpo!”
A seguito della diffusione di questo comunicato, registriamo solo una presa di posizione della Lega nord, con una dichiarazione del suo presidente Provinciale, Tino Rossi; e gli altri ? PdL in primo luogo?

venerdì 17 ottobre 2008

PECORELLA: Chi era? (chi è?)

Il voto segreto rinforza la memoria?
Tra memoria negata, memoria ripudiata e memoria corta, lo schieramento destro della politica italiana ormai non conosce rivali. Il tempo passa ed i tentativi di dimenticare, di giustificare, di sminuire, addirittura di negare, crescono a dismisura. Allora, è utile che qualcuno si trasformi in dose massiccia di ‘memoril’ perché il tempo non cancelli le azioni ed i pensieri degli uomini politici con un semplicistico colpo di spugna. Appunto perciò SPIGOLI saluta con gioia la ‘trombatura’ di Gaetano Pecorella - fortemente voluto dal Cavaliere come giudice della Corte Costituzionale - e, ‘obtorto collo’, un sentito ringraziamento va ad Antonio Di Pietro ed agli ex ‘compagni’ dell’avvocato-parlamentare di Forza Italia.Non tanto, o non solo, perché il suo percorso politico, prima di approdare alla ‘corte berlusconiana’, risulta alquanto originale. Nella Milano degli anni ’70, era un simpatizzante del Movimento studentesco, ha quindi lambito gli ambienti di Potere operaio, collaborando col servizio giuridico di Soccorso Rosso che prestava aiuto legale e finanziario ai ‘compagni vittime della repressione’, infine fu candidato alle regionali lombarde con Democrazia proletaria.Chi era in quegli anni Pecorella lo raccontava il Corriere della Sera: «Assai vicino al Movimento studentesco, ne condivide le idee, firma manifesti e proteste, ma evita di issare cartelli e striscioni durante le manifestazioni di piazza… indossa la toga e difende quelli che nei cortei agitano i pugni chiusi. Ci sono gli avvocati di Soccorso rosso, di cui è punta avanzata Giuliano Spazzali e c’è il gruppo degli ‘avvocati democratici’: Pecorella detto ‘Nino’, Marco Janni, Luca Boneschi, Gigi Michele Mariani, Michele Pepe» (1).Il sincero ringraziamento all’attuale opposizione parlamentare è motivato soprattutto da un episodio che risulta impossibile cancellare dalla memoria di chi ha vissuto o conosciuto l’antifascismo militante. Siamo nel 1987 al Tribunale di Milano, dopo ben 12 anni si svolge il processo agli assassini di Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù milanese ammazzato da militanti di Avanguardia operaia a colpi di chiave inglese ‘hazet 36’, proprio quella lunga ‘appena’ quaranta centimetri. Gaetano Pecorella è l’avvocato difensore di Saverio Ferrari, imputato - e condannato a 5 anni e 6 mesi - per un’aggressione collegata all’omicidio Ramelli, che aveva visto come co-protagonisti alcuni assassini di Sergio, ed aveva causato il grave ferimento di tre ragazzi: Fabio Ghilardi (due operazioni, coma, polmone d’acciaio, epilessia permanente), il 16enne Giovanni Maida (quattro fratture alla mandibola ed una alla spalla) e Bruno Carpi (doppio sfondamento della calotta cranica).Durante l’arringa, il penalista - forte del suo passato politico ed ancora lontano dai banchi parlamentari azzurri - si lasciò andare appassionatamente, come raccontato dalla cronaca giudiziaria di una fonte insospettabile come “l’Unità”: «Quando i diritti fondamentali di una comunità non vengono realizzati, come la messa al bando del MSI, la comunità ha il diritto di riappropriarsi di quei diritti… Togliere agibilità politica e spazi di aggregazione ai fascisti non è un reato, ma la legittima applicazione di un principio costituzionale» (2).Frase che un decennio dopo, Pecorella - folgorato sulla via di Arcore con la sua prima candidatura al Parlamento - ha negato, forse anche perché nel collegio uninominale erano necessari anche i voti degli elettori di Alleanza nazionale: «Una frase che sicuramente non ho mai detto. Primo perché non mi riconosco in quei concetti e in quei termini, secondo perché da avvocato, avrei reso un pessimo servizio al mio assistito» (3).Eppure, Ignazio La Russa - in quel processo avvocato della famiglia Ramelli - appena due anni fa confermava: «Lui fu uno dei pochi che nell’arringa finale ribadì che uccidere un fascista era meno grave. Invece gli avvocati Giuliano Spazzali e Giuliano Pisapia misero da parte la militanza e fecero prevalere le loro capacità giuridiche» (4).Chissà, se tra le decine di voti che questa mattina - nel segreto dell’urna - sono mancati a Pecorella ci saranno state anche le schede del Ministro della difesa e di tanti altri ex missini ed ex camerati di Sergio. Mi piace crederlo…
Faber
1) Corriere della Sera, 22 giugno 19982) l’Unità, 6 maggio 1987(articolo citato nel volume “Sergio Ramelli: una storia che fa ancora paura” curato da Guido Giraudo - Sperling & Kupfer Editori)3) Corriere della Sera, 3 giugno 19984) Magazine Corriere della Sera, 9 febbraio 2006

SAVIANO:rimpiango il PCI ed il MSI che si battevano contro la mafia

Dal Corriere della Sera: Lo scrittore «Sulla criminalità una rimozione bipartisan»
Saviano: dico no alla politica che non parla più di mafia «Mi volevano dal Pd ad An. Ma non posso essere di parte»


ROMA — Roberto Saviano è ancora un ragazzo. E ogni tanto riesce anche a sorridere, con le labbra che si tendono su una faccia sempre più tesa, sempre più pallida. Quando racconta della presentazione di Gomorra ad Helsinki, con lo speaker che lo introduce come «Roberto Soprano», e i finlandesi che sono lì soltanto per via della serie televisiva americana, riesce pure a ridere di «loro». Li chiama così, «loro». I suoi nemici. Come se fosse una questione personale, tra lui e i mafiosi di Casal di Principe che lo hanno costretto ad una vita infame, da animale braccato. Quella di Saviano è una storia di paradossi. Con il suo libro ha avuto fama, celebrità, il traguardo del milione di copie vendute tagliato in questi giorni. Con il suo libro ha perso il resto, la libertà personale, la possibilità di vedere il mondo con i propri occhi. «È come se mi sentissi sempre in colpa» sintetizza così il suo stato d'animo, come se qualcuno andasse da sua madre a chiedere «cosa ha fatto tuo figlio?» Ad un certo punto, Saviano si era anche convinto che in Italia ci fosse qualcuno disposto a condividere la sua ossessione. Da Walter Veltroni alla Sinistra Arcobaleno, passando per il Popolo della Libertà, sponda An, tutti hanno cercato l'autore di Gomorra, blandendolo con la lotta al potere mafioso. «Ma non è il mio mestiere. Non si può parlare di mafia ad una sola parte politica. È un argomento sul quale non ci si può permettere di essere partigiani. La mia responsabilità è la parola ». Chi è stato il più insistente? «Quando Veltroni mi ha chiamato nel suo ufficio al Campidoglio, abbiamo parlato a lungo di mafia e appalti. Mi disse che quello sarebbe stato uno dei primi punti della sua agenda». Promessa mantenuta? «Non mi sembra. Ma il Pd è in buona compagnia. Purtroppo, la lotta alla mafia è la grande assente di questa campagna elettorale, a sinistra come a destra». Altri pretendenti? «Fausto Bertinotti mi ha fatto arrivare una proposta tramite l'assessore regionale campano Corrado Gabriele. Io ho molto apprezzato il lavoro di Forgione alla commissione antimafia, ma credo che anche la sinistra debba fare outing, e ammettere di non essere stata così rigorosa nell'allontanare gli affaristi collusi con la mafia». Avanti con l'elenco delle avances. «Alleanza nazionale mi ha mandato messaggi di apprezzamento. Persino l'Udeur prima che si dissolvesse». Destra, sinistra, centro. «Io sono cresciuto in una terra dove Pci e Msi stavano dalla stessa parte, contro la camorra. E vorrei tanto che il centrodestra riprendesse i valori dell'antimafia, quelli che aveva Giorgio Almirante e che avevano ispirato Paolo Borsellino. Li vedo trascurati, nonostante una base che al Sud ha voglia di sentirli affermare». A sentirla, non sembra che il Pd sia molto più attivo. «Affatto. Anzi, a Veltroni ho detto che a mio parere anche il centrosinistra ha commesso molti errori in questi anni». Il più grande? «L'intellighenzia di sinistra dà sempre per scontato che la mafia stia dal-l'altra parte. Il complesso di superiorità applicato alla criminalità organizzata. Credersi immune dalle infiltrazioni, pensare che questo sia sempre e solo un problema degli altri. Le dico di più: spero che il Pd riesca a non aver paura di perdere le elezioni pur di cambiare. Solo così potrà davvero vincere». Dove vuole arrivare? «Spero che non abbia paura di parlare del voto di scambio, di denunciarlo. Fino ad ora non lo ha fatto nessuno. Ed è il voto di scambio che determinerà l'esito delle prossime elezioni. Si vince o si perde nei piccoli paesi, dove il clientelismo è l'unica moneta corrente. Si vincono le elezioni per bollette pagate, cellulari regalati, di questo bisogna parlare. La vera sfida sarebbe quella di non svendere il voto. E alzare la voce, denunciare». E invece? «Il grande silenzio. La mafia è la più grande azienda italiana, il suo giro d'affari è il triplo di quello della Fiat. È innaturale che non se ne parli in campagna elettorale. Ma è così. Al massimo qualche cosa simbolica, una celebrazione, qualche commemorazione. Una rimozione bipartisan». Si è chiesto il perché? «È un tema pericoloso sul piano della comunicazione. Se qualcuno parla di mafia, molta gente pensa che si stia occupando soltanto di una parte ben circoscritta del Paese, che si interessi di cose ai margini, lontane. Nessuno è riuscito a far passare l'idea che la mafia sia qualcosa che riguarda anche Milano, Parma, Roma, Torino. È tornata ad essere un fatto esotico, lontano, noioso». «Non valete niente». Era il 23 settembre 2006 quando sfidò i boss di Casal di Principe a casa loro. Lo rifarebbe? «A vedermi da fuori, come se non fossi stato io, lo rifarei. Ma sarei falso se non dicessi che con quel gesto ho distrutto la mia vita. Mi è diventato impossibile vedere il mondo, confrontarmi con altre persone, poter sbagliare. Sono diventato un simbolo, ma in cambio ho perso tutto». Quando ha scritto Gomorra, cosa si aspettava? «Confesso l'ambizione. Volevo fare un libro che davvero cambiasse le cose. All'inizio, la camorra lo ignorò. I miei problemi cominciarono verso le centomila copie. La gente pensa che io sono come Salman Rushdie, colpito da una fatwa della camorra. Ma non è così. Lui rischia per quel che scrive, io perché mi leggono. Non è Saviano ad essere pericoloso, ma Gomorra e i suoi lettori».Il disinteresse della politica rende più difficile la sua situazione? «Acuisce la solitudine, questo sì. Gomorra ha fatto sì che la letteratura diventasse un problema per la mafia. Parlarne è un modo per fermarli. Perché la politica non fa lo stesso? È come se questo paese non accettasse di essere raccontato così. Ma è il silenzio che ci distrugge». Se pensa al suo futuro, cosa immagina? «Spero di riavere la mia libertà, un giorno. Come un ragazzino, immagino di aprire la porta e poter camminare in strada, da solo. Ma è solo un sogno». E la realtà? «Me la faranno pagare. Troveranno un modo per colpirmi. Prima con la diffamazione, diranno che è tutto falso, l'operazione di un ragazzotto assetato di visibilità. Poi chissà. È l'unica certezza che ho».
Marco Imarisio Lo scrittore «Sulla criminalità una rimozione bipartisan» (dal Corriere della sera)
Saviano: dico no alla politica che non parla più di mafia
«Mi volevano dal Pd ad An. Ma non posso essere di parte»
ROMA — Roberto Saviano è ancora un ragazzo. E ogni tanto riesce anche a sorridere, con le labbra che si tendono su una faccia sempre più tesa, sempre più pallida. Quando racconta della presentazione di Gomorra ad Helsinki, con lo speaker che lo introduce come «Roberto Soprano», e i finlandesi che sono lì soltanto per via della serie televisiva americana, riesce pure a ridere di «loro». Li chiama così, «loro». I suoi nemici. Come se fosse una questione personale, tra lui e i mafiosi di Casal di Principe che lo hanno costretto ad una vita infame, da animale braccato. Quella di Saviano è una storia di paradossi. Con il suo libro ha avuto fama, celebrità, il traguardo del milione di copie vendute tagliato in questi giorni. Con il suo libro ha perso il resto, la libertà personale, la possibilità di vedere il mondo con i propri occhi. «È come se mi sentissi sempre in colpa» sintetizza così il suo stato d'animo, come se qualcuno andasse da sua madre a chiedere «cosa ha fatto tuo figlio?» Ad un certo punto, Saviano si era anche convinto che in Italia ci fosse qualcuno disposto a condividere la sua ossessione. Da Walter Veltroni alla Sinistra Arcobaleno, passando per il Popolo della Libertà, sponda An, tutti hanno cercato l'autore di Gomorra, blandendolo con la lotta al potere mafioso. «Ma non è il mio mestiere. Non si può parlare di mafia ad una sola parte politica. È un argomento sul quale non ci si può permettere di essere partigiani. La mia responsabilità è la parola ». Chi è stato il più insistente? «Quando Veltroni mi ha chiamato nel suo ufficio al Campidoglio, abbiamo parlato a lungo di mafia e appalti. Mi disse che quello sarebbe stato uno dei primi punti della sua agenda». Promessa mantenuta? «Non mi sembra. Ma il Pd è in buona compagnia. Purtroppo, la lotta alla mafia è la grande assente di questa campagna elettorale, a sinistra come a destra». Altri pretendenti? «Fausto Bertinotti mi ha fatto arrivare una proposta tramite l'assessore regionale campano Corrado Gabriele. Io ho molto apprezzato il lavoro di Forgione alla commissione antimafia, ma credo che anche la sinistra debba fare outing, e ammettere di non essere stata così rigorosa nell'allontanare gli affaristi collusi con la mafia». Avanti con l'elenco delle avances. «Alleanza nazionale mi ha mandato messaggi di apprezzamento. Persino l'Udeur prima che si dissolvesse». Destra, sinistra, centro. «Io sono cresciuto in una terra dove Pci e Msi stavano dalla stessa parte, contro la camorra. E vorrei tanto che il centrodestra riprendesse i valori dell'antimafia, quelli che aveva Giorgio Almirante e che avevano ispirato Paolo Borsellino. Li vedo trascurati, nonostante una base che al Sud ha voglia di sentirli affermare». A sentirla, non sembra che il Pd sia molto più attivo. «Affatto. Anzi, a Veltroni ho detto che a mio parere anche il centrosinistra ha commesso molti errori in questi anni». Il più grande? «L'intellighenzia di sinistra dà sempre per scontato che la mafia stia dal-l'altra parte. Il complesso di superiorità applicato alla criminalità organizzata. Credersi immune dalle infiltrazioni, pensare che questo sia sempre e solo un problema degli altri. Le dico di più: spero che il Pd riesca a non aver paura di perdere le elezioni pur di cambiare. Solo così potrà davvero vincere». Dove vuole arrivare? «Spero che non abbia paura di parlare del voto di scambio, di denunciarlo. Fino ad ora non lo ha fatto nessuno. Ed è il voto di scambio che determinerà l'esito delle prossime elezioni. Si vince o si perde nei piccoli paesi, dove il clientelismo è l'unica moneta corrente. Si vincono le elezioni per bollette pagate, cellulari regalati, di questo bisogna parlare. La vera sfida sarebbe quella di non svendere il voto. E alzare la voce, denunciare». E invece? «Il grande silenzio. La mafia è la più grande azienda italiana, il suo giro d'affari è il triplo di quello della Fiat. È innaturale che non se ne parli in campagna elettorale. Ma è così. Al massimo qualche cosa simbolica, una celebrazione, qualche commemorazione. Una rimozione bipartisan». Si è chiesto il perché? «È un tema pericoloso sul piano della comunicazione. Se qualcuno parla di mafia, molta gente pensa che si stia occupando soltanto di una parte ben circoscritta del Paese, che si interessi di cose ai margini, lontane. Nessuno è riuscito a far passare l'idea che la mafia sia qualcosa che riguarda anche Milano, Parma, Roma, Torino. È tornata ad essere un fatto esotico, lontano, noioso». «Non valete niente». Era il 23 settembre 2006 quando sfidò i boss di Casal di Principe a casa loro. Lo rifarebbe? «A vedermi da fuori, come se non fossi stato io, lo rifarei. Ma sarei falso se non dicessi che con quel gesto ho distrutto la mia vita. Mi è diventato impossibile vedere il mondo, confrontarmi con altre persone, poter sbagliare. Sono diventato un simbolo, ma in cambio ho perso tutto». Quando ha scritto Gomorra, cosa si aspettava? «Confesso l'ambizione. Volevo fare un libro che davvero cambiasse le cose. All'inizio, la camorra lo ignorò. I miei problemi cominciarono verso le centomila copie. La gente pensa che io sono come Salman Rushdie, colpito da una fatwa della camorra. Ma non è così. Lui rischia per quel che scrive, io perché mi leggono. Non è Saviano ad essere pericoloso, ma Gomorra e i suoi lettori».Il disinteresse della politica rende più difficile la sua situazione? «Acuisce la solitudine, questo sì. Gomorra ha fatto sì che la letteratura diventasse un problema per la mafia. Parlarne è un modo per fermarli. Perché la politica non fa lo stesso? È come se questo paese non accettasse di essere raccontato così. Ma è il silenzio che ci distrugge». Se pensa al suo futuro, cosa immagina? «Spero di riavere la mia libertà, un giorno. Come un ragazzino, immagino di aprire la porta e poter camminare in strada, da solo. Ma è solo un sogno». E la realtà? «Me la faranno pagare. Troveranno un modo per colpirmi. Prima con la diffamazione, diranno che è tutto falso, l'operazione di un ragazzotto assetato di visibilità. Poi chissà. È l'unica certezza che ho».
Marco Imarisio
Fin qui l'intervista.Ora una considerazione personale. La Destra, quando parla di valori, deve, tra i valori da difendere, comprendere anche la lotta alla mafia.Non tanto per il ricordo del passato (il Prefetto Mori, ecc.) ma sopratutto per tutta una tradizione che viene dal MSI e dalle sue battaglie per la legalità che furono anche battaglie contro la mafia. Vorrei qui ricordare Angelo Nicosia, il giudice Borsellino e il giornalista Beppe Alfano, tutti cresciuti alla scuola del MSI e tutti a vario titolo impegnati nella lotta alla mafia. Riprendiamo le loro battaglie!

giovedì 16 ottobre 2008

Anti-Gelmini, ma dove vivete?

Sui muri del Paese dove abito sono comparse delle scritte: «Via i romeni da B.». Ne parlo con la giovane mamma romena che fa i mestieri a casa mia. «No, no, adesso mia figlia è integrata», mi dice. Prima, la bambina (9 anni, bravissima a scuola, forse l’unica che legge libri anche a casa) non era integrata: nel senso che i compagni la minacciavano fisicamente, la angariavano attivamente. Poi la mamma ha parlato alla maestra, e le cose sono migliorate. L’attuale integrazione della scolara romena nella terza elementare di un paesino viterbese consiste in questo: i suoi compagni di scuola italiani non giocano con lei perché non ha abiti firmati. Quando viene interrogata, ridono per la sua pronuncia (ottima, molto più italiana che romanesca). Quando, su domanda dell’insegnante, dice in classe i nomi di mamma e papà, tutti i compagni ridacchiano, e la deridono, perché sono nomi «strani». Una volta, una maestra ha chiesto a tutti di costruire il loro albero genealogico. La piccola romena non ha voluto, perché si vergogna dei nomi dei suoi genitori e nonni. Quando la classe esce per qualche motivo, ogni compagno tiene per mano un altro. Lei, nessuno la vuol tenere per mano. Per fortuna c’è in classe un bambino albanese, che nessuno vuol tenere per mano, e lei va con lui. Quando giocano, lei è esclusa dai giochi, per una intesa corale degli scolari italiani.
Insomma, la «integrazione» della bambina pare consistere dunque nel fatto che, per ora, i compagnetti griffati si astengono dallo sbranarla viva. Quando le mamme vanno a parlare con le insegnanti, le altre mamme non rivolgono la parola alla mamma romena, stanno fra loro ostentatamente. «Non si confondono» con una «serva», per di più «immigrata». Ora che sono apparse le scritte sui muri ho paura che la bambina sia in pericolo. E quindi, vorrei sommessamente chiedere agli insegnanti, ai pedagoghi e ai «progressisti» in genere che rumorosamente difendono i tre insegnanti per classe: possibile che tre insegnanti non vedano che una bambina viene discriminata e mortificata, per motivi ignobili? Che non corrano ai pedagogici ripari? Mi piacerebbe chiederlo ai presidi delle «Facoltà di Scienze della Formazione» che, riuniti in «conferenza», si sono scagliati contro la Gelmini «nell’interesse dei bambini, delle famiglie e del futuro del nostro Paese», ed assicurano: «Il modulo organizzativo della scuola primaria, sancito dalla legge n.148/1990, prevedendo tre docenti su due classi, ha consentito ai docenti stessi un progressivo approfondimento dell’ambito disciplinare insegnato, ed è stata dunque una misura che è andata nella direzione di un irrobustimento dell’alfabetizzazione di base, oltre a garantire una pluralità di punti di vista preziosa per sviluppare l’intelligenza nella molteplicità delle sue forme. Un solo maestro può limitare l’esperienza socio-affettiva degli alunni, che risulta invece arricchita dall’attuale pluralità di figure». Umilmente vorrei domandare: non hanno il dubbio che la loro pedagogia triplice abbia fatto cilecca proprio nello «sviluppare l’intelligenza nella molteplicità delle sue forme», visto che dilaga il bullismo da quattro soldi, prova certa di intelligenze mai sviluppate, del tutto prive di capacità di apprezzare «pluralità dei punti di vista» culturali? Non vediamo altro, negli scolaretti con zainetto firmato, che limitatissima «esperienza socio-affettiva», la primordiale malvagia divisione fra «noi» e «loro», tipicamente tribale. Viene persino il dubbio: magari nella diseducazione enorme, arrogante e stupida che attanaglia la nazione e si manifesta in mille forme - dalle tifoserie agli esultanti fancazzisti Alitalia - c’entra qualcosa la scuola elementare italiota? I pensosi presidi di «Scienze della Formazione» ci insegnano: «In un’economia globale basata sulla conoscenza, lo stato di salute del sistema socio-economico nazionale è legato al tenore delle competenze disciplinari e relazionali acquisiste dalle persone nei percorsi di formazione. Il nostro Paese è di fronte ad una vera e propria sfida dell’istruzione. Per affrontarla con successo occorre assicurare a tutti la padronanza delle conoscenze fondamentali dei saperi linguistici, storici e matematico-scientifici. Tale padronanza può essere garantita solo da un’alfabetizzazione forte fin dall’inizio della scuola primaria».
Sommessa domanda: come mai tanti analfabeti letterali, ma soprattutto morali, già nelle elementari, che ridono perché ci sono compagni di classe coi nomi «strani», e che dovrebbero almeno essere fatti vergognare di questa ristrettezza mentale e ignoranza provinciale? Ancora i presidi scienziati della formazione: «Non è pensabile che un singolo insegnante possa avere un’adeguata padronanza di tutti e tre questi ambiti e delle loro forme d’insegnamento. Occorre un modello combinato di formazione iniziale e in servizio dei docenti che, oltre a garantire la necessaria preparazione pedagogica e didattica, e una cultura di tipo interdisciplinare volta a preservare l’unità del sapere, assicuri l’approfondimento di un ambito disciplinare tra il linguistico, lo storico, e il matematico-scientifico». Si osa chiedere rispettosamente: quello dei tre insegnanti che ha una «parziale specializzazione» nell’«ambito storico», non potrebbe spiegare ai bambini che se il nonno della piccola romena ha un nome che finisce in -u (Popescu, ad esempio, o Ceausescu, o Jonescu, o Codreanu), è perché quei nomi sono di origine latina, e un tempo finivano in -us? E non potrebbe spiegare, il corpo insegnante che voi scienziati avete dotato di «interdisciplinarietà», cosciente delle «competenze disciplinari e relazionali» che devono far acquistare agli scolari con le scarpe griffate «nei percorsi di formazione», che quei nomi sono latini, perché i romeni d’oggi discendono dai legionari romani che l’Impero, dopo la conquista della Dacia, sistemò nelle pianure del Danubio, ciascuno col suo campicello, onde avesse un sostentamento nella vecchiaia e presidiasse, da soldato-contadino, quella zona di confine? Non potrebbe informare i piccoli ignoranti di genitori ignoranti che la lingua romena contiene l’85% di parole latine, ed ha un’identità prestigiosa, antico-romana, che quel popolo ha difeso con orgoglio per secoli di fronte alla marea slava? Altrimenti viene il dubbio che gli insegnanti che le Facoltà di Scienze Formative formano da anni, non siano capaci di alcun «approfondimento dell’ambito disciplinare» loro proprio, sia «linguistico, storico o matematico-scientifico».Clotilde Pontecorvo, docente di Psicologia dell’Educazione all’Università di Roma 1, ha approvato con vigore Mario Lodi, scrittore progressista ed ex maestro che, su L’Unità, ha scritto: «Il grembiule può anche far pensare che i bambini di una certa classe siano tutti eguali, mentre sono tutti e sempre molto diversi». E’ cosciente - chiedo col massimo rispetto - la pedagoga Clotilde che invece, con tutti i loro abitini firmati e costosi, i bambini sono davvero «tutti eguali», nel senso che sono standardizzati dalla pubblicità e dai falsi valori del consumismo, si comportano tutti nello stesso modo, usano lo stesso gergo, vogliono le stesse cose per conformismo feroce, sicchè imporre loro il grembiule è l’inizio di una pedagogia che vieta di notare le disuguaglianze stupide del lusso e della moda, vieta di deridere la povertà? «Di questa diversità che la scuola si deve fare carico e che è senza dubbio uno dei punti di forza della nostra attuale scuola primaria», continua la Clotilde: «la quale è una scuola accogliente, che ha consentito una buona integrazione degli allievi disabili, con la presenza dell'insegnante di sostegno e la riduzione del numero degli alunni per classe (...). Ma il problema nuovo, di cui il ministro Gelmini sembra del tutto inconsapevole, è il grande numero di studenti di lingua e di cultura diversa da quella italiana che sono oggi presenti nella scuola, in particolare nella scuola di base. E che soprattutto nella scuola dell'infanzia prima e poi nella scuola primaria, possono trovare lo spazio comunicativo e il tempo per poter padroneggiare la nostra lingua e la nostra cultura, in cui la presenza di più figure di insegnanti è fondamentale per consentire un dialogo ravvicinato». Scuola «accogliente», psico-professoressa Clotilde? Chieda ad una mamma romena di una bambina che si vergogna di dire i nomi dei suoi nonni per non essere derisa, che i compagni non fanno partecipare ai giochi, a cui non rivolgono la parola. Si domandi se le insegnanti si «fanno carico» di questo problema, se «aprono lo spazio comunicativo» alla piccola scolara che viene da un paese latino, i cui antenati erano soldati di Roma, e magari venivano dalla Tuscia, e i cui padri e nonni hanno combattuto e sono morti sulle nevi russe accanto ai nostri alpini, in un ieri non tanto lontano; magari, ricordare che ci fu tra le nostre nazioni una fraternità nel dolore e nella sciagura, può aiutare i piccoli ignoranti maleducati a rispettare chi, per sventura, deve emigrare.
Mi piacerebbe fare qualche domanda anche a Giancarlo Cerini, che scrive su «Insegnare», rivista di un sindacato di maestri, quanto segue: «Non basta un solo docente per aiutare i bambini ad incontrare la ricchezza dei saperi. E' un'idea povera quella che vorrebbe affidare ad una sola figura il ‘filtro’ dei tanti stimoli che giungono spesso disordinatamente ai bambini (linguaggi, forme espressive, gadget tecnologici, strumenti, riferiti al mondo dell'arte, della musica, delle scienze, della storia, delle lingue, ecc.), ma che vanno riorganizzati, ristrutturati, rielaborati per conoscere la realtà, per comprenderla, per descriverla. Ogni disciplina può diventare una ‘finestra aperta’ sul mondo, non però se viene trasmessa come un corpus statico di conoscenze già date, ma perché ognuna è uno spazio simbolico da percorrere e da agire (ecco la didattica «operativa») maneggiando - di volta in volta - immagini, rappresentazioni, simboli, codici che ‘alimentano’ e ‘vestono’ l'intelligenza (Olson)». Di grazia: come mai il risultato di tutto questo «maneggiare di immagini, rappresentazioni, simboli e codici», è il bullismo di massa, il conformismo vestimentario-pubblicitario infinitamente idiota, ributtante e per giunta impunito? Dov’è, chiedo scusa, la capacità di far diventare «ogni disciplina una finestra aperta sul mondo», se i bambini italioti dimostrano una crescente chiusura e ristrettezza mentale, spiccatamente neo-neanderthaliana? Ma di quale «ricchezza di saperi» va sproloquiando, Cerini Giancarlo? Non basta insegnare, nelle elementari, l’essenziale e il senza-tempo, l’inattuale? Non è necessario soprattutto insegnare le aste e la dignità che si deve al povero, il non giudicare dai vestiti i compagni, la famosa «uguaglianza» di fronte alla legge e a Dio, le vite degli eroi antichi, modello di dignità e di valore per i ragazzini? Magari basta un insegnante a fare da filtro, quando si tratta di insegnare la vergogna per le azioni prepotenti e ignobili e meschine, per lo stupido orgoglio del vestito e dei soldi, insomma le regole basilari della civiltà e del civismo, della cordialità e dell’amicizia. Non mi pare, ahimè, che la triplice docenza sia in grado di «riorganizzare, ristrutturare, rielaborare» i famosi «tanti stimoli che giungono disordinatamente ai bambini». Chissà, almeno per quegli «stimoli» che sono «riferiti al mondo dell’arte, della musica, delle scienze, della storia», uno dei tre insegnanti potrebbe cogliere il destro della presenza in aula di un bambino albanese per ricordare agli altri, gli ignoranti con lo zainetto firmato, una breve storia degli illirici, dicendo magari che Diocleziano era un albanese? O, data la presenza di una bambina romena che viene fatta vergognare della sua origine dagli stupidi che conoscono solo pregiudizi, parlare un po’ di quanto la cultura europea deve a personalità romene d’oggi, come Mircea Eliade, Cioran, Jonescu.Capisco che alle elementari non si parli di Eliade. Ma gli insegnanti sanno chi è Eliade? Le Facolta di Scienze della Formazione ne ha un’idea? Ma nemmeno si chiede tanto. Basterebbe che gli insegnanti elementari si allarmassero, quando davanti alla loro scuola appaiono scritte come «Via i romeni», o «morte agli albanesi», scritte evidentemente da loro scolari. E dessero almeno l’allarme, com’è loro dovere di operatori civili della educazione e della formazione. Perché questo problema è urgente, e ci riguarda tutti. Specie oggi, che i fuochi del consumismo scemo e del superfluo a rate devono forzatamente finire. La crisi, la depressione, sarà decennale, e così la penuria. Bambini educati a considerare «essenziali» telefonini ultima moda e zainetti firmati, cosa faranno quando non se li potranno permettere? Ammazzeranno i pensionati per scipparli e comprarsi la roba, il gadget tecnologico ultimo modello? Stiamo, state educando delle belve, degli esseri rozzi, insensibili al dolore altrui, moralmente bassi, incapaci di vergogna; al più basso livello di civiltà e umanità immaginabile. Magari non è tutta colpa vostra, insegnanti: anche voi siete «educati» dai tempi correnti, da Mediaset, dalle volgarità pubblicitarie, anche voi vivete come «valori» i successi dei Briatore e delle Carfagna, o delle veline. L’Italia è un Paese che, in tutti questi anni di falsità, è stato «abbandonato a se stesso» che ha smesso di sforzarsi per crescere, essere migliore, alzarsi almeno all’altezza dei tempi; ed è ritornato indietro, verso localismi padani o tribalismi napoletani, segno allarmante di regressione. Perciò anche a voi, nessun potere pubblico ha additato ciò che dovete insegnare alla nazione futura: a valorizzare l’onestà, la dedizione al bene comune, la responsabilità non solo verso il proprio stipendio ma verso il futuro della comunità, il sacrificio che nessuno vede, lo studio serio che non va in TV né all’Isola dei Famosi. Ma ora, con la vostra Scienza appresa nelle Facoltà di Formazione, dovete sforzarvi di vedere i tempi mutati, e di prepararne voi e gli scolari. Philippe Frémeaux, un economista, dice che ormai occorre una «visione dell’economia che lasci meno spazio alla cupidigia, alle ineguaglianze, al disprezzo delle conseguenze collettive dei comportamenti individuali» egoistici. Ma come si fa a preparare questi tempi di penuria, serietà e dignità, se voi per primi siete contro il grembiulino uguale per tutti, che copra le «diversità» che si comprano nei negozi, con carta di credito?
Maurizio Blondet – da: www.effedieffe.com, 9 ottobre 2008

Il RAZZISMO antiitaliano di alcuni antirazzisti andrebbe sanzionato.

Ecco le delizie RAZZISTE della societa' multiculturale, impostaci da cattolici e sinistre senza avere mai proposto un referendum:
http://www.verbavalent.com/
Italiani di merda, Italiani bastardiInserito da dacia il Mer, 2008-10-01 13:24 Voi non riuscite nemmeno a immaginare quanto sia difficile per me scrivere, tentando di non ferire le vostre povere sensibilità di piccoli bianchi, totalmente ignoranti del loro passato di carnefici di neri, ebrei e musulmani. Non conoscete nulla di quello che avete nel vostro DNA storico, vi riempite la bocca di ebrei solo per salvarvi la coscienza, raccontando di come gente tipo Perlasca - un fascista di merda che dovrebbe morire mille volte solo per essere stato fascista ed aver sostenuto fossanche per un solo minuto quel regime - ne ha salvato alcuni. Siete un popolo senza futuro perché siete un popolo senza memoria. Me ne fotto degli italiani brava gente. Anzi, mi correggo, me ne fotto degli italiani bianchi e cristiani, naturalmente brava gente. Non lo siete. Siete ignoranti, stupidi, pavidi, vigliacchi. Siete il peggio che la razza bianca abbia mai prodotto. Brutti come la fame, privi di capacità e di ingegno se non nel business della malavita organizzata e nella volontà delle vostre donne (studentesse, casalinghe, madri di famiglie) di prostituirsi e di prostituire le proprie figlie. Anche quando dimostrate un barlume di intelligenza, questa si perde nei rivoli del guadagno facile e del tirare a fregare chi sta peggio di voi. Nessuna delle vostre battaglie ha un senso per altri se prima non produce un tornaconto per voi stessi. Dalla politica alla religione, dal sociale alla cultura, siete delle nullità. Capaci di raccogliere firme e manifestare, salvo poi smentire con ogni vostro atto quotidiano quello che a grande voce dichiarate pubblicamente. Andate a marciare da soli, che marci siete e marci rimarrete e non vi voglio profumare. Non avete una classe media, siete una penosa e noiosa classe mediocre, incivile e selvaggia. I giornali più venduti sono quelli che trattano di gossip e i programmi televisivi più gettonati - al fine di vendere le proprie figlie come bestiame, come le vacche che sono destinate inevitabilmente a diventare, vista la vostra genia - sono i reality. Avete acclamato qualsiasi dittatore e sottoscritto qualsiasi strage, salvo poi dimenticarvene ed assurgere come vittime di un élite. Non avete un'élite, coglioni, fatevene una ragione: i vostri deputati e senatori sono delle merde tali e quali a voi, i vostri capitani d'azienda sono dei progetti andati a male dei centri di collocamento, ma che o avevano buoni rapporti famigliari o il culo l'hanno dato meglio di voi. Non solo quelli al governo (o che fanno capo all'area governativa), anche e soprattutto quelli che fanno capo all'opposizione. Da quelli oggi al governo non ci aspettiamo nulla se non quello che da anni ci danno: razzismo, esclusione, spedizioni punitive, insulti ed umiliazioni. Ma da quelli all'opposizione, quelli che si sono arricchiti con anni di Arci, Opere Nomadi, Sindacati Confederali, e sempre sulla nostra pelle, facendoci perdere diritti che ormai davamo per acquisiti, ci aspettiamo che si facciano da parte. Sono ormai troppi anni che deleghiamo le nostre lotte a persone che in teoria dovrebbero averle fatte proprie, dimenticandoci l'infima qualità dell'italiano pseudobianco e pseudocristiano: non vale un cazzo perché non ha valori che valgano.
Un popolo di mafiosi, camorristi, ignoranti bastardi senza un futuro perché non lo meritano: che possano i loro figli morire nelle culle o non essere mai partoriti. Questo mondo non ha bisogno di schiavi dentro come lo siete voi, feccia umana, non ha bisogno di persone che si inginocchiano a dei che sia chiamano potere e denaro e nemmeno di chi della solidarietà ha fatto business. Ha bisogno di altro, che voi non avete e quindi siete inutili. Dite che non è così? Ditelo ai Rom perseguitati in tutta Italia, ditelo ad Abdoul, ditelo ai 6 di Castelvoturno, ditelo a Emmanuel, ditelo ai gay massacrati da solerti cristiani eterosessuali. Ditelo a mio fratello, bastardi. Ditelo alle decine di persone vere, non zecche e pulci come voi, che non denunciano perché sanno che se vanno dalla vostra polizia bastarda e assassina li umilieranno e magari li picchieranno di più e forse li uccideranno come l'Aldro [ammazzato come un cane perché pensavano fosse un extracomunitario], e se sono donne le violenteranno, e non avranno nessuno a cui rivolgersi per essere difesi. Ditelo a quelli che rinchiudete per mesi nei vostri campi di concentramento senza alcun genere di condanna, solo per gonfiare le casse di qualche associazione che finanzierà un qualche partito, generalmente di sinistra, ditelo a quelli che lavorano per i vostri partiti e sindacati da lustri senza avere un contratto ma in nero, ditelo a quelli che si sono fidati di voi per anni, ditelo a quelli che raccolgono l'ultimo respiro di quei maiali dei vostri vecchi, e a quelli che si sfilano dalle fighe delle nostre ragazze per infilarsi in quelle larghe e flaccide delle vostre donnacce, ditelo ai nostri ragazzi che vincono medaglie e che saranno il futuro di questo paese, ditecelo, figli di puttana. Ditelo col cappello in mano, e gli occhi bassi, cani bastardi. Ma sappiate che la risposta ve l'hanno già data a Castevolturno: Italiani bastardi, Italiani di merda. Io ci aggiungo bianchi, perché il discrimine è questo. Valete poco perché avete poco da dire e nulla da dare. DaciaValent