giovedì 31 maggio 2012

La vendita di banche statunitensi alla Cina e la rivalutazione dello yuan

La vendita di banche statunitensi alla Cina e la rivalutazione dello yuan di Alfredo Jalife-Rahme - 30/05/2012 Fonte: aurorasito Il quarto dialogo strategico ed economico tra gli Stati Uniti e la Cina Il quarto ciclo di negoziati Sino-statunitensi ha avuto luogo tra l’euforia delle nuove concessioni apparenti di Beijing: massicci investimenti finanziari negli Stati Uniti e rivalutazione dello yuan nei confronti del dollaro, come Washington ha a lungo preteso. Tuttavia, non bisogna farsi ingannare sul significato dell’evento, osserva Alfredo Jalife-Rahme: la Cina non ha acconsentito a questi sacrifici per sottomettersi agli Stati Uniti, ma per inibire il loro imperialismo. Beijing ha usato le sue armi finanziarie e monetarie per neutralizzare l’aggressività di Washington, mentre ha cominciato la costruzione di una vasta area di libero scambio, con degli stati finora sotto l’ampia influenza degli Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. La quarta riunione per il “dialogo strategico ed economico tra Stati Uniti e Cina” [1] si è recentemente tenuto a Beijing il 3 e 4 maggio 2012. Questo vertice bilaterale è il più importante del mondo, e mostra una serie di risultati significativi, secondo China Economic Net [2], mostrando un notevole rilassamento dopo una fase d’ improvviso deterioramento delle relazioni tra le due potenze. I media ufficiali cinesi hanno dedicato molta più attenzione a questo successo che non la stampa statunitense, che tace sull’argomento. I tre momenti significativi in questa distensione sono stati: 1. Il terzo accesso alla presidenza di Vlady Putin, che è stato acquisito dalla stampa cinese, perché allevierà la pressione degli Stati Uniti sulla Cina [3], mentre tutti hanno notato l’assenza dello “zar” al vertice del G8, configurazione oramai inoperante, di fronte al summit del G20, più ibrido e multipolare; 2. L’annuncio della proposta di Trattato di libero scambio tra le tre maggiori geo-economie dell’Asia del Nordest: Cina, Giappone e Corea del Sud [4]; 3. La rivelazione bizzarra e concomitante del Dalai Lama su un complotto per farlo assassinare [5]. Gli Stati Uniti saranno in grado di vendere il Dalai Lama per uno yuan, mentre è oggetto di un omicidio scioccante, che contrarierebbe notevolmente la Cina? Tre proposte geo-finanziarie di immediata applicazione sono state sviluppate nelle “operazioni di scambio” del quarto incontro Cina-USA: 1. la rivalutazione accelerata dello yuan, che ha attirato le lodi dal Segretario del Tesoro statunitense Timothy Geithner; 2. l’autorizzazione da parte della Federal Reserve (“Fed”) per l’insediamento sul territorio degli Stati Uniti di tre banche pubbliche cinesi: - Industrial and Commercial Bank of China (ICBC), la banca più ricca del mondo, che ha già acquistato l’80% della statunitense Bank of East Asia, con 13 filiali a New York e in California [6] - China Bank, la terza più grande, ha aperto una filiale a Chicago, - e Agricultural Bank of China, la No. 4, che apre a New York 3. La Cina abbassa ancora una volta la sua aliquota di riserva in proporzione ai propri depositi bancari (fino a 50 punti base) per iniettare maggiore liquidità nel mercato [7]. Meglio ancora, la Fed ha permesso a una serie di entità finanziarie della Cina (ICBC, Central Huijin Investment e il fondo sovrano cinese Investment Corp.) di operare come una “holding di imprese bancarie”. Si è lontani dalla fase bushita, quando sotto l’apotema farisaico della sovranità (sic) economica, proibì alla compagnia petrolifera statale CNOOC di acquistare Unocal, che è finita per essere digerita e imballata come un’ondata di spazzatura dalla Chevron. Non dobbiamo minimizzare l’apertura del super-strategico settore finanziario degli Stati Uniti all’imponente settore bancario cinese, anche se per il momento non sono che misure simboliche. Le banche cinesi alla fine arriveranno in Messico, su ordine di Washington, prima che una volontà nazionale in tal senso si manifesti da noi? Presto assisteremo all’acquisizione delle imprese statunitensi da parte delle banche cinesi, secondo lo schema scissioni [8] – acquisizioni (M & A, secondo le loro iniziali in inglese)? Ci sono stati altri baratti di tipo geopolitico dietro le quinte? Un altro tema su cui gli Stati Uniti hanno approvato una spettacolare apertura: la fine dell’embargo sull’esportazione di tecnologia civile nei confronti della Cina. In cambio, uno dei più profondi cambiamenti politici sarà la decisione della Cina di permettere investimenti stranieri (in realtà, degli Stati Uniti) al 49%. Il presidente cinese Hu Jintao ha accolto con favore questa quarta sessione, mentre la Segretaria di Stato Hillary Clinton, più amazzone e nottambula che mai, ha rassicurato i sospettosi, allarmati da questo ritorno degli Stati Uniti in Cina, insistendo sul fatto che Washington vuole una Cina forte, prospera e trionfante: chi osa dubitarne? Dopo la sospettosa compiacenza nell’oscillazione tra concorrenza e cooperazione, questo esito felice ha portato alla prima visita al Pentagono, dopo nove anni e improvvisamente, del Ministro della Difesa nazionale, Liang Guanglie. Allo stesso tempo appaiono sui media i cantori della cooperazione bilaterale, a scapito dei partigiani della concorrenza al limite della guerra fredda, come il tranquillizzante Jeffrey Bader, l’ex consigliere di Obama per la Cina e l’Asia al National Security Council e autore del libro Obama e l’ascesa della Cina: una narrazione interna della strategia degli USA in Asia [9]. Secondo Jeffrey Bader, le relazioni tra Washington e Beijing si intrecciano attorno al tavolo delle trattative, non sui campi di battaglia. Questo approccio è in linea con quello degli otto precedenti presidenti degli Stati Uniti, a cominciare da Richard Nixon, appena offuscata da qualche deviazione di poco conto [10]. Obama non fa eccezione, dice, e conclude che la sua politica si basa su tre principi fondamentali: - riconoscimento e rispetto di fronte al crescente potere della Cina e dei suoi interessi legittimi; - insistenza sulle norme internazionali e sul rispetto della legge che deve governare questa ascesa; - intenzione di stabilizzarla rafforzando le alleanze regionali e le partnership. A suo parere, il rapporto bilaterale è qualcosa di ragionevole, dato che i cinesi hanno collaborato con gli Stati Uniti sulle questioni della Corea del Nord e dell’Iran, e che Taiwan non è nemmeno stata una fonte tensione. Suggerendo che l’unico soggetto su cui, in teoria, ci potrebbero essere dei conflitti, è Taiwan, poiché in una certa misura, la vendita di armi a Taiwan è stata una provocazione e un fattore essenziale di tensione. Ha aggiunto che l’oggetto dell’irritante controversia per i diritti umani e del contenzioso del Mare del sud, sono un ostacolo alla cooperazione. Diverse sfide provengono dall’accelerazione della crescita della Cina nel corso dell’ultimo decennio, e dal suo ruolo crescente nel mondo. Gli Stati Uniti hanno le vertigini! L’idea che la Cina ha già superato gli Stati Uniti, o che lo faccia presto, nella sua leadership sugli altri paesi, non ha nulla a che fare, secondo lui, con i fatti, perché c’è divario tra potenza e reddito pro capite. In effetti, le relazioni militari sono state restaurate durante la visita dell’ex Segretario alla Difesa Robert Gates, dice, e liquida come mera leggenda l’idea di una nuova politica di contenimento statunitense. Tuttavia, ammette il rischio di una crisi di sicurezza tra Stati Uniti e Cina: ognuno è destinato a considerare il passo che l’altro compie in sua difesa, come un’azione offensiva nei propri confronti. Ma secondo il suo ragionamento, la sfiducia reciproca può essere superata attraverso il “dialogo strategico ed economico” [11]. Brendan O’Reilly [12] ritiene che la strategia della Cina sia basata sullo sviluppo economico e l’integrazione. Così il commercio bilaterale ha raggiunto i 450 miliardi dollari all’anno, un record assoluto nella storia delle relazioni tra due paesi: la Cina attua così una sottile tattica per rispondere efficacemente alla superiorità militare e politica degli Stati Uniti, attraverso una maggiore integrazione tra le due economie. O’Reilly sostiene che la Cina non può raggiungere il livello militare statunitense, nel medio termine, vuole disarmarli sul piano del vantaggio tattico, creando una situazione di dipendenza reciproca ed economica quasi totale. Così, la Cina cercherebbe di stabilire un nuovo ordine mondiale, in cui il conflitto militare tra grandi potenze verrebbe superato per effetto dell’integrazione economica. Potrà farlo? Note [1] USA-Cina il dialogo strategico ed economico [2] «‘Significant’ results gained in China-US dialogue», China Economic Net, 5 maggio 2012. [3] «Putin’s return may ease US pressure on China», Global Times, 13 maggio 2012. [4] «La Chine, le Japon et la République de Corée lanceront les négociations sur une Zone de libre-échange cette année», Xinhua, 13 maggio 2012. [5] «Dalai Lama reveals warning of Chinese plot to kill him» e «Dalai Lama: What do I really fear? Being eaten by sharks», Dean Nelson, The Telegraph (UK), 12 e il 13 maggio 2012. E il commento cinese “Dalai Lama’s claims of assassination slammed“, Xu Tianran, Global Times, 14 maggio 2012. [6] «Questions After the First US Bank Takeover by a Chinese State-Controlled Company», Charles Wolf, Jr., Brian G. Chow, Gregory S. Jones e Scott Harold, Rand Corporation, 15 maggio 2012. [7] «La Chine abaissera le taux de réserves obligatoires de 0,5 point de pourcentage», Xinhua, 12 maggio 2012. [8] “Scissione”: neologismo inglese riferendosi alla iniezione improvvisa e alla diffusione invasiva di nuove idee. [9] Obama and China’s Rise: An Insider’s Account of America’s Asia Strategy, Brookings Press, marzo 2012. [10] «US-China ties revolve around debating table, not battlegrounds», Jeffrey A. Bader, Global Times, 13 maggio 2012 [11] Un aspetto particolare detto del: “Dialogo sulla politica di sicurezza” è stato aggiunto al dialogo economico strategico, al secondo incontro a Beijing, il 24 e 25 maggio 2010. [12] «Hu oils cogs to lock the US Asia ‘pivot’», Brendan O’Reilly, Asia Times, 9 maggio 2012. Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

“Quando un popolo vuole la propria sovranità può ottenerla”

Ammar Moussawi (Hezbollah): “Quando un popolo vuole la propria sovranità può ottenerla” Mercoledì 30 Maggio 2012 15:54 | Scritto da Fabio Polese Politica - Politica Nazionale (ASI) BEIRUT - “Il Libano con tutte le sue comunità è un Paese ospitale e guarda verso tutti con amicizia. Il nostro Paese subisce i riflessi di quello che sta succedendo in Siria. E’ molto probabile che in occidente i governi e l’informazione cerchino di comunicare alla gente che in queste zone ci sia una trasformazione democratica. Non è così, in realtà, si sta spingendo al caos più totale”. Con queste parole, Ammar Moussawi, responsabile esteri di Hezbollah, il Partito di Dio, e deputato del Parlamento libanese, ci accoglie in una delle loro sedi a Beirut sud. “Se si diffonde il caos – continua - siamo tutti minacciati. C’è un sostegno diretto al fondamentalismo”. Su quello che sta accadendo in Siria e di conseguenza nel nord del Libano Moussawi precisa: “i governi occidentali e alcuni governi arabi dicono che stanno lavorando per l’interesse della Siria e le loro pressioni arrivano anche in Libano. Hanno fatto pressioni affinché il governo libanese permetta un corridoio umanitario. Ma lo scopo non è questo, loro vogliono far passare le armi dal nostro Paese. Gli ultimi avvenimenti accaduti nel nord del Libano e lo scontro che si è aperto tra l’esercito libanese e alcuni gruppi di salafiti armati, aveva lo scopo di indebolire la forza dell’esercito per prendere il controllo della zona, utilizzandola come una base per sostenere, con le armi, i ribelli siriani. Questo vuol dire mettere il Libano in una situazione di pericolo”. L’opinione di Hezbollah e del governo libanese, è quella di essere neutrale sulla “crisi siriana”. “Ma c’è una parte di libanesi – continua il responsabile esteri - quelli del gruppo «14 marzo» che si vantano di voler dare sostegno ai ribelli siriani e questo significa esportare la crisi siriana nello scenario libanese. Noi pensiamo che questa sia una minaccia. Le interferenze straniere non fanno che far crescere questa tensione. I pericoli che si presentano minacciano tutti”. Poi Moussawi parla dell’attacco della Nato alla Libia. “Si è detto che la Nato è intervenuta in Libia per schierarsi con il popolo libico. Non posso accettare una cosa del genere. Sicuramente la Nato aveva altri obiettivi nascosti e le operazioni militari hanno provocato decine di migliaia di morti. E’ chiaro che volevano migliorare e consolidare gli interessi economici delle società petrolifere e tutelare gli investimenti in Libia. Dopo tutto quello che è accaduto, oggi la Libia è nel caos. Oltre alle divisioni etniche e religiose, sta provocando altri problemi nel continente africano. Sta facendo crescere l’immigrazione clandestina soprattutto in Europa. Sta crescendo anche l’estremismo islamico in tutte le regioni”. Moussawi ha poi precisato di parlare da musulmano ma ha sottolineato che “la nostra posizione è diversa delle altre: non crediamo che l’Islam giustifichi le uccisioni e la repressione. Noi consideriamo l’Islam una rivoluzione per l’uguaglianza e la giustizia sociale e non per far crescere l’odio tra la gente. Certamente, in assenza di dialogo, le cose si stanno complicando. Anche in Siria non esiste nessuna altra soluzione se non il dialogo. E se non si garantisce il dialogo, andremo verso nuovi pericoli. Ecco perché noi sosteniamo i colloqui che ci sono a Baghdad del il 5+1, al di là dei componenti del tavolo, la consideriamo una opportunità per trovare delle soluzioni”. Il 25 maggio è stata festeggiata la liberazione del sud del Libano, questo anniversario “è un’occasione storica per il nostro Paese”, ci dice il responsabile del Partito di Dio e continua, “i territori libanesi occupati dal 1978 e considerati dagli israeliani una cintura di sicurezza, nei quali hanno praticato il terrorismo, sono tornati libanesi. Quello successo il 25 maggio è la fine di questa occupazione. E’ la restituzione dei territori alla sovranità libanese grazie ad una resistenza popolare. Questo significa che, quando un popolo vuole la propria sovranità, può farlo. Il 25 maggio è sicuramente la festa di tutti i libanesi. Possiamo dire che questa festa è anche la festa dei palestinesi che continuano a soffrire”. E parlando di sovranità, Ammar Moussawi, parla anche della situazione italiana ed europea. “In molti paesi il potere è sequestrato. Certamente sotto l’ombra della crisi economica si moltiplicano questi tentativi. Possiamo dire che il vostro governo sia commissariato dalla finanza internazionale. Accade lo stesso anche in altri Paesi europei come in Grecia e in Spagna. Le politiche di restrizioni imposte ai popoli europei, con la scusa di correggere la struttura economica, vengono considerate una strada indispensabile, ma la vera domanda che si deve porre è il perché si è arrivati a questo punto. Come mai, all’improvviso, l’Europa si trova indebitata, sotto pressione? Quali sono le politiche che ha adottato l’Europa per arrivare a questa situazione? Con alcuni amici, ambasciatori europei che stanno qui a Beirut, abbiamo parlato del perché si è arrivati a questo punto. Hanno risposto che l’euro ha servito tutti gli ambienti finanziari. Noi non possiamo escludere che ci sia un progetto per portare l’Europa nell’attuale situazione. Ci vuole un dialogo nazionale per affrontare questi problemi, se bisogna pensare a salvare un Paese ci deve essere una larga partecipazione. E’ utile un governo tecnico per salvare l’Italia di fronte a una crisi di queste proporzioni? Quando c’è una crisi nazionale si richiede un governo di unità nazionale. Quello che so è che i partiti italiani non hanno voluto partecipare al governo per non assumersi responsabilità. Credo che bisogna spogliarsi dei privilegi e uscire dall’appartenenza al partito e pensare alla patria. Al destino della nazione”. Fabio Polese – Agenzia Stampa Italia

giovedì 24 maggio 2012

Se potessi avere mille Euro al mese !

“I lavori in Italia possono essere suddivisi in due gruppi: i primi sono quelli che danno diritto ad un’adeguata retribuzione, nel secondo quelli che… no”. Sono soprattutto i giovani a rientrare nel secondo gruppo risultando spesso “sottoimpiegati, sottopagati e sottorappresentati” nell’istantanea che ci restituisce il libro di Eleonora Voltolina “Se potessi avere mille euro al mese. L’Italia sottopagata” (Laterza editore) che indaga il mondo del precariato attraverso le storie dei protagonisti. L’autrice parla di un “esercito senza armi, voci, tutele, prospettive, santi in paradiso. Un esercito di ricattabili”che non riesce a mantenersi con il proprio stipendio, quando ne ha uno. E’ un fenomeno che riguarda trasversalmente diverse fasce di lavoratori: giornalisti, medici, avvocati e commesse. Tutti in bilico tra la passione per il lavoro che svolgono e le difficoltà economiche che vivono. Si tratta soprattutto di giovani e il perché, rimarca l’autrice, è facilmente intuibile: “sono persone che hanno minore esperienza e che quindi vengono considerate non sufficientemente esperte da meritare un compenso per le loro prestazioni professionali”. Si allunga così la “gavetta” e le famiglie diventano gli ammortizzatori sociali privati dei figli. I giovani tra i 19 e i 35 anni nel nostro paese sono dodici milioni: uno su sei fa l’università e il grosso delle spese sostenute per lo studio vengono coperte spesso dalle famiglie. Ogni anno vengono attivati oltre 5mila stage, per due terzi nelle imprese private e per un terzo negli enti pubblici e in oltre la metà dei casi non è previsto neanche un rimborso spese. Mentre secondo uno studio della Cgia, l’associazione delle piccole imprese di Mestre (citato dall’autrice) rivela che i precari tra i 15 e i 34 anni in Italia percepiscono una retribuzione mensile netta di appena mille euro, un quarto in meno rispetto ad un lavoratore che svolge le stesse mansioni assunto, però, con un contratto a tempo indeterminato. A ciò si aggiunge la situazione di precarietà vissuta da molti giovani professionisti come testimonia la storia di Astrid giovane archeologa, che dopo una laurea, un dottorato e diversi corsi di specializzazione si è vista costretta ad aprire la partita Iva e si sente proporre lavori per 5 euro l’ora. Un paradosso per un paese che possiede più di duemila luoghi archeologici e un flusso annuale di oltre 15milioni di visitatori. Non molto diversa la storia di Manuela, da sempre attiva nel mondo dello spettacolo, con una passione per il teatro si è trovata spesso a firmare contratti della durata di appena due mesi senza alcuna garanzia fino a diventare una delle protagoniste della vicenda del Teatro Valle occupato. L’obiettivo dell’occupazione, avvenuta il 14 giungo, è quello di diffondere la cultura intesa come bene comune e di difendere i diritti dei lavoratori del settore “trattati in costante violazione dell’articolo 36 della Costituzione”. “La musica deve cambiare”, partendo col pagare chi lavora perché si esca dall’emergenza retribuzione che stiamo vivendo. Tante le soluzioni proposte dal libro, tra cui l’istituzione, sulla falsa riga anglosassone del minimum wage, retribuzioni minime soprattutto per chi ha contratti di collaborazione, a progetto, consulenze e partite Iva prevedendo ammortizzatori sociali universalistici che non siano rappresentati dalla famiglia d’origine. Secondo la Voltolina, dare un’iniezione di fiducia e sostenere l’imprenditoria giovanile è l’unica soluzione per uscire dal pantano dell’incertezza per tornare ad essere cittadini liberi.

venerdì 18 maggio 2012

Zingari: “Dal Comune di Roma spesi 100mila euro a persona per farli lavorare”

http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/zingari-dal-comune-spesi-100mila-euro-a-persona-per-farli-lavorare-cgil-troppo-pochi/ Zingari: “Dal Comune spesi 100mila euro a persona per farli lavorare”. Cgil: troppo pochi maggio 17, 2012 Zingari: “Dal Comune spesi 100mila euro a persona per farli lavorare” La Cgil si definisce Sindacato dei lavoratori italiani, ma ormai è divenuta un’associazione che di tutto si occupa, tranne dei lavoratori. Un altro bell’esempio della difesa dei diritti dei lavoratori italiani, è questo studio che si occupa della popolazione che meno si confà al termine “lavoratori”. In questa conferenza, la Cgil elenca i fondi spesi a Roma per i progetti di “inclusione” (ma perché dobbiamo includerli?) degli Zingari, lamentandosi e chiedendo maggiori fondi. Ovviamente a spese dei cittadini romani. Si è svolta presso la sala Funzione Pubblica della CGIL di Roma, nel tardo pomeriggio di mercoledì 16, la presentazione del report lavoro sporco. Il Comune di Roma, i rom e le borse lavoro”. La ricerca, curata da Angela Tullio Cataldo, in collaborazione con Carlo Stasolla, dell’Associazione 21 Luglio, ha analizzato i diversi progetti di inclusione sociale e lavorativa dei gruppi rom e sinti presenti nella Capitale. I DATI - Oltre un milione e mezzo di euro per 3 progetti di inclusione socio-lavorativa rivolti a 125 Zingari. Solo in 16 hanno poi lavorato realmente. Per gli altri gli interventi messi in campo si traducono solo in un’occupazione saltuaria. IL PROGRAMMA RETIS - Costo: 300mila euro per 30 partecipanti. VIA SALONE - Form on the job, il progetto all’interno del campo di via Salone (220mila euro per 30 persone), invece dà risultati diversi. Solo il 15 per cento continua l’esperienza di lavoro. Per un partecipante su dieci, nessun cambiamento. Ma il cucchiaio di legno per l’occupazione va al progetto di pulizia dei campi. Un milione di euro per 80 persone. Zero assunzioni. Solo in 20 hanno riconosciuto l’importanza del lavoro dal punto di vista dell’inclusione sociale. La Cgil, invece di protestare per lo sperpero di denaro che potrebbe essere utilizzato nel welfare dei cittadini romani, si lamenta e vuole più fondi. Secondo loro, gli Zingari hanno bisogno del “tutor” per “lavorare”: GLI INTERVENTI – “Abbiamo cercato di capire come accade tutto questo”, spiega Tullio Giordano. “La risposta – aggiunge – è semplice: il progetto Retis funziona perché è rivolto a diverse fasce svantaggiate della popolazione e perché l’impiego è fuori dai villaggi attrezzati”. Un intervento vincente grazie ai tutor e alle ore di formazione. Cosa che non avviene negli altri due casi. Perché? “Alcuni portavoce dei campi – continua l’autrice dello studio – ci hanno candidamente detto che i finanziamenti del Comune si trasformavano in tangenti pagate per mantenere la pace nei campi o per aiutare l’amministrazione nella delocalizzazione degli insediamenti”. Svelato il mistero. “Ma questa è miopia politica – spiega Stasolla – perché trasferire i rom in spazi segretativi equivale ad abdicare alla volontà di inclusione di questa comunità”. Insomma, soldi buttati. Uno spreco indicibile davanti a pensionati che non riescono più a vivere decentemente. Un comportamento della Cgil criminale, davanti a giovani senza lavoro, il Sindacato si occupa di far lavorare gli Zingari. E si lamente, perché il Comune di Roma spende “solo” 100mila euro a chiorba perché fingano di lavorare e gli xenofili possano dire: sono “inclusi”. http://www.romatoday.it/cronaca/lavoro-sporco-presentata-ricerca-lavoro-rom-associazione-21-luglio.html Articoli correlati: * Protesta Cgil per i tagli, svela (involontariam ... * Roma: 15mila euro a Zingaro. Asili, casette e s ... * Campo nomadi, 20mila euro l'anno a famiglia. Ma ... * Scioccante a Cagliari: le villette ai Rom, dive ... * Milano occupata dagli Zingari: un quartiere in ... * Milano brucia: emerganza Zingari. Pisapia: a lo ... * Suicidata da Monti: le tagliano la pensione, si ... * Vicenza: Zingari mantenuti dal Comune cercano d ... * Asti: il Comune paga 693mila Euro di bolletta i ... * La Fornero vuole soldi per gli Zingari

LO SCANDALO INGNORATO DAL FISCO (da Libero)

I più grandi evasori? Gli immigrati, di Gilberto Oneto LO SCANDALO INGNORATO DAL FISCO Ogni giorno Monti di Nottingham si inventa una nuova gabella, qualche trucco per spremere i sudditi, soprattutto quelli che si ostinano a voler lavorare e produrre ricchezza. Fa anche finta di farlo con una certa maliziosa equanimità, sostenendo di tartassare tutti senza distinzione di ceto sociale e di collocazione geografica. La cosa è discutibile perché ci sono categorie che vengono trattate con i guanti. Una di queste, sicuramente la più grande in termini numerici, è quella degli stranieri regolari e irregolari che costituiscono per il fisco una sorta di zona franca: i primi sono coccolati e i secondi tranquillamente ignorati. Si sta parlando di una massa che si avvicina a sei milioni di persone: una "regione" più popolosa del Lazio e della Campania, di un quarto più grande di Piemonte, Veneto ed Emilia e di solo un terzo inferiore alla Lombardia. Quando si parla di stranieri si deve sempre fare i conti con dati evanescenti, parziali, inesatti, stimati, insomma con una insidiosa cortina fumogena di incertezze creata ad arte da chi vuole mantenere il fenomeno in una affettuosa atmosfera di vaghezza. Quel poco che emerge o sfugge è, però, sufficiente a generare inquietudine. La Fondazione Moressa parla per il 2009 di circa 3 miliardi di euro versati in tributi dall'intera comunità straniera: nello stesso anno il Veneto ha versato in sola Irpef 63 miliardi e la meno virtuosa Campania "solo" 44: entrambe le regioni hanno meno abitanti di tutti gli stranieri messi assieme. Pur fatta la tara del contributo dei foresti nelle due regioni, è credibile che gli ospiti dichiarino e paghino ciascuno il 15,2% o il 17,5% di quanto faccia un indigeno? Invece che inseguire gli scontrini fiscali, gli agenti del fisco non farebbero meglio a farsi un giro nelle comunità foreste? Ci sono altri numeri che lasciano per lo meno perplessi. REDDITI E RIMESSE Secondo l'Istat e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il reddito medio delle famiglie composte da almeno un cinese veniva stimato nel 2008 attorno ai 20mila euro. La Fondazione Moressa ci informa che nel 2011 i cinesi hanno spedito come rimesse al proprio paese di origine 12.085 euro a testa. A meno che i redditi dei cinesi siano prodigiosamente lievitati in tre anni (cosa che contraddirebbe l'affermazione della stessa autorevole fonte che indica in un calo annuo dello 0,6% la contribuzione dei foresti in generale), non si capisce davvero come una famiglia che guadagni venti possa risparmiare dodici per ogni suo componente. La Banca Mondiale dice che le rimesse dichiarate sono all'incirca la metà di quelle effettive: il nostro dubbio si fa sempre più angoscioso. I cinesi stampano soldi? Allevano galline che depongono uova d'oro? Che ci sia qualcosa di prodigioso nella loro "laboriosità" è provato sia dall'affetto con cui il ministro Riccardi visita le loro comunità, sia nella rapidità con cui si è "suicidato" il malvivente marocchino che aveva assassinato e rapinato lo scorso gennaio a Roma un agente cinese dedito al "money tran-fer". I cinesi sono solo la punta dell'iceberg che l'Agenzia delle Entrate dovrebbe finalmente decidersi a esplorare. Per le Regioni si calcola il cosiddetto "residuo fiscale", ossia la differenza fra quanto paghino allo Stato e quanto ricevano in servizi e trasferimenti. Volendo restare nell'equiparazione della comunità straniera a una regione, si può abbozzare il calcolo del suo residuo. Secondo il Dossier 2010 della Caritas, gli immigrati hanno contribuito nel 2008 alle entrate dello Stato con circa 10,8 miliardi di euro. Dalla elaborazione congiunta dei vari dati disponibili risulta che le spese per gli immigrati sono (al netto delle rimesse) calcolabili fra i 28 e 40 miliardi di euro l'anno. Questo significa un residuo (per loro) positivo che varia fra i 3 e i 5mila euro annui pro capite. Giustamente ci si indigna per i 3.292 euro in negativo della Lombardia e i 2.013 in positivo della Campania del 2006, ma nessuno fa una piega per la voragine dell'ospitalità. C'è tutto un mondo opaco che sfugge alle leggi e ai controlli, che si nasconde dietro a identità evanescenti, a nomi e lingue impronunciabili, a protezioni e omertà. ITALIANI SALASSATI E’ una voragine in cui finisce e scompare un fiume di risorse e ricchezze: è un salasso insopportabile che diventa addirittura insultante in un periodo di grave crisi che vede i cittadini indigeni sottoposti a vessazioni e spremiture di ogni genere. Lo Stato gabelliere e ladro sembra ignorare questa grande zona d'ombra, non si occupa degli evasori foresti, non vede i milioni di clandestini e furbastri che sono del tutto ignoti al fisco. Non riesce o non vuole controllare. Non ha neppure utilizzato lo strumento più semplice ed efficace in circostanze del genere. Nell'antica e civilissima Atene agli stranieri veniva fatto pagare il "testatico", una imposta fissa pro capite, per poter vivere e lavorare in città. Una cosa analoga avrebbe oggi un senso morale anche più giustificato: gli stranieri usufruiscono di servizi ma anche e soprattutto di una condizione ambientale, sociale ed economica che gli indigeni hanno costruito con secoli di fatiche e sacrifici che i foresti si trovano pronta e funzionante e da cui traggono ogni vantaggio legale e illegale. Il minimo che si possa chiedere a questi ospiti è una sorta di rimborso spese per tutto quello che i nostri vecchi e noi stessi abbiamo fatto. Si tratterebbe di un bollo facile da riscuotere e controllare, e che costituirebbe un discrimine fra chi vuole vivere qui ed integrarsi e chi, invece, ha solo vocazione alla rapina Sarebbero soldi che farebbero tanto comodo. Naturalmente la cosa solleverebbe l'indignazione delle anime candide, di tutti quelli che mostrano affettuosi sensi nei confronti dei foresti e indifferenza o addirittura astio nei confronti degli indigeni. Tutti quelli che plaudono ai blitz contro i registratori di cassa, che si girano dall'altra parte quando qualche poveraccio rovinato dallo Stato si suicida, che descrivono gli evasori come il concentrato di ogni nequizia, sono gli stessi che non fanno una piega se a evadere alla grande sono gli stranieri. Monti e Fornero salassano gli italiani, Riccardi coccola i foresti, la Sant'Egidio benedice. Fonte: Libero del 10 maggio 2012 http://www.difesa.it/Sala_Stampa/rassegna_stampa_online/Pagine/PdfNavigator.aspx?d=10-05-2012&pdfIndex=96

giovedì 17 maggio 2012

Cosa fare al ballottaggio?

La Destra e Ri-Vivi Alessandria, a proposito del ballottaggio invitano gli elettori alessandrini a riflettere sul fatto che l’esercizio del voto oltre ad essere un dovere civico, è soprattutto un diritto, al quale non bisogna rinunciare: se non votiamo, qualcuno voterà per noi: i poteri finanziari internazionali e i burocrati europei, a livello nazionale, una minoranza della quale non condividiamo nulla né delle idee, né dei programmi amministrativi, a livello locale.
Al di là del giudizio su meriti e demeriti dell’Amministrazione Fabbio, è indubbio che una vittoria della Rossa, sicuramente non porterà buona amministrazione in Comune (visto quello che ha scritto la Corte dei Conti sui bilanci della Provincia), ma senz’altro significherà: il riconoscimento dei matrimoni omosessuali, l’entrata in maggioranza delle frange più estremiste dei NO TAV e dei “Centri Sociali”(ai quali è stato concesso di “occupare” i locali di via Piave), la chiusura del centro al traffico veicolare (come è scritto nel programma elettorale, più “buonismo” per immigrati irregolari, a danno degli alessandrini e degli immigrati onesti.
Andiamo a votare e meditiamo bene sulle conseguenze del nostro voto.
Aldo Rovito

venerdì 4 maggio 2012

La Geopolitica è “immorale”? Note su alcune obiezioni all’approccio geopolitico

Malgrado da quasi un ventennio la Geopolitica (dopo un ‘purgatorio’ datato dal 1945, ovvero dalla sconfitta delle potenze dell’Asse e dall’imposizione globale del bipolarismo Usa-Urss) sia stata riproposta attraverso riviste come “LiMes”, prima, “Eurasia”, poi, quale strumento in grado di fornire una chiave d’interpretazione delle relazioni internazionali, considerate come una costante, planetaria ‘partita a scacchi’, non pochi sono coloro che ancora nutrono dubbi sull’opportunità di affidarsi all’analisi geopolitica per orientarsi negli intricati meandri della politica mondiale.

Le remore e le obiezioni sono di carattere sostanzialmente ideologico, se con questo termine identifichiamo l’attitudine ad interpretare la realtà – nello specifico quella dei rapporti tra entità statuali – con parametri di tipo sentimentale e/o morale. L’ideologia, di per sé, non ha alcunché di “malvagio”, sia chiaro, se non per l’”errore” vero e proprio costituito dall’assolutizzazione di un punto di vista, di un’istanza, ed in suo nome possono essere compiuti i più sublimi slanci come i più aberranti crimini (e lo stesso vale per la religione): l’uomo è sempre l’uomo, quale che sia l’ideologia o la religione che adotta, senonché questa ‘scelta’ ha delle conseguenze sulla sua capacità di ‘comprendere’ (in senso letterale) il mondo, dove ogni cosa ha un suo posto e un suo grado di “realtà”.

Pertanto – lungi da me l’intenzione di affibbiare giudizi a persone - ho inteso solo specificare che alla base della diffidenza verso l’approccio geopolitico soggiace un giudizio di valore nei suoi confronti che gli attribuisce (indebitamente) la tendenza ad una “oggettività”, addirittura una certa dose di ‘disumanità’, la quale tradurrebbe il sentire di esseri umani fondamentalmente insensibili a grida di dolore e richieste d’aiuto “sacrificate sull’altare della geopolitica”.
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http://europeanphoenix.net/it/component/content/article/3-societa/287-la-geopolitica-e-immorale-note-su-alcune-obiezioni-allapproccio-geopolitico

La Destra contro Equitalia

Questa mattina un gruppo di militanti de La Destra, guidati dal Segretario Provinciale, Aldo Rovito, ha manifestato pacificamente per un’ora davanti la sede di Equitalia in Alessandria. “LICENZIAMO EQUITALIA!” e “EQUITALIA SUICIDATI!”, le scritte che campeggiavano sui due striscioni inalberati di fronte all’ingresso di Equitalia in Spalto Gamondio. “Questa è la prima di una serie di manifestazioni di protesta, pacifiche, che La destra organizzerà in Città e nei principali centri della Provincia per protestare contro l’iniquità del sistema fiscale italiano e contro la politica di “rapina fiscale” accentuata dal Governo Monti”, ha dichiarato al termine della manifestazione l’Avv. Rovito.

martedì 1 maggio 2012

La Destra di Alessandria e il Primo Maggio

La Destra di Alessandria celebra il 1° Maggio, Festa del Lavoro, con una conferenza presso la sede di v. dell'Erba, nel corso della quale saranno illustrate le proposte del Programma elettorale del Candidato Sindaco Claudio Prigione, e contemporaneamente saranno ricordate le radici culturali e storichedel nostro Movimento Politico, con una dissertazione del Segretario Provinciale, Avv. Aldo Rovito sul tema "Attualità dell'Umanesimo del Lavoro di Giovanni Gentile". Alla concretezza delle proposte per dare opportunità di inserimento lavorativo ad un numero di giovani, che a progetto avviato, potranno essere dai 100 ai 150 ogni anno nel prossimo quinquennio, nel campo della tutela ecolgica e dei servizi educativi e sociali, si accompagna così la consapevolezza che, ai gravi problemi del presente, non si può dare soluzione nè con il liberalismo che, arroccato sul principio della logica del profitto, vede gli uomini come atomi, nè con il pensiero post marxista che non vedendo altra proprietà se non quella dello Stato, finisce, comunque, per stritolare il soggetto nelle spire del centralismo burocratico-assistenzialistico. Sicchè dopo i grandi meriti dell'umanesimo letterario filosofico e artistico, occorre oggi riconoscere l'importanza dell'umanesimo del lavoro, mediante il quale tutti i "socii" - e non gli "individui" - operando qualitativamente e quantitativamente, diventano padroni del loro destino. Scriveva Gentile nel 1916 (Teoria generale dello spirito come atto puro): "All'umanesimo della cultura, che pure fu una tappa gloriosa della liberazione dell'uomo, succede oggi e succederà domani l'umanesimo del lavoro. Perchè la creazione della grande industria e l'avanzata del lavoratore nella scena della grande storia ha modificato profondamente il concetto moderno della cultura", e ancora, "lavora il contadino, lavora l'artigiano, e il maestro d'arte, lavora l'artista, il letterato e il filosofo" e così facendo si nobilitano in vista di quella "società trascendentale", nella quale, l'uomo èp una persona integrale che si impegna per sè e per la propria famiglia, presente e futura, con lo sguardo rivolto al seclo futuro. E come a questo proposito non ricordare alcuni principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana ( gli articoli 1, 41,42, 46 e 47, in particolare) non molto dissimili, peraltro, dai principi di un'altra Repubblica, per noi più sociale: "Base della Repubblica e suo oggetto primario è il lavoro, manuale, tecnico, intellettuale in ogni sua manifestazione". "La proprietà privata, frutto del lavoro e del risparmio individuale, integrazione della personalità umana è garantita dallo Stato. Essa non deve però diventare disintegratrice della personalità fisica e morale di altri uomini, attraverso lo sfruttamento del lavoro". "Quello della casa non è soltanto un diritto di proprietà, è un diritto alla proprietà della casa"?